sabato 15 gennaio 2011

APPELLO . EUROPA-MAGHREB, LA LOTTA GIOVANILE E’ LA STESSA


Le rivolte esplose in quasi tut­te le città della Tunisia e del­l'Algeria e prima anche del Marocco nascono dalle stesse moti­vazioni che hanno provocato le lot­te dei giovani a Londra come in Ita­lia, in Francia e altrove. Le conse­guenze delle scelte liberiste sono dappertutto le stesse: accentuazio­ne dell'asimmetria di potere e del­la distanza fra ricchezza e povertà, corruzione e protervia di poteri re­azionari se non di tipo apertamen­te mafioso, erosione dei diritti fon­damentali, negazione del futuro della società e quindi in primo luo­go dei giovani.
Puntando all'arricchimento im­mediato di pochi - da Cameron a Sarkozy, da Berlusconi a Ben Ali, da Bouteflika alla cerchia di potere del re del Marocco - il liberismo favori­sce soltanto gli affari privati dei più forti e distrugge i servizi pubblici e quindi ogni prospettiva vivibile. I re­gimi tunisino e algerino stanno mi­nacciando il bagno di sangue appro­fittando dell'appoggio dei governi francese e italiano e di altri Paesi eu­ropei. In Algeria e in Tunisia la poli­zia e l'esercito sparano persino sul­le persone andate ai funerali degli assassinati. La gravità della situazio­ne è rilevata dalla stessa Ue, costret­ta a chiedere il cessate il fuoco dopo le decine di morti e le varie centina­ia di feriti. Il rischio concreto di un bagno di sangue è alto.
Per parte nostra ci impegniamo a sostenere queste lotte, come quelle per la difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori, con ogni sorta di ini­ziative nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università e nei quar­tieri, e organizzando anche un effet­tivo sostegno ai militanti maghrebini che rischiano la feroce persecu­zione anche con metodi mafiosi.
Che in tutte le università e le fab­briche europee ci si mobiliti a fian­co delle rivolte.

Antonino Anastasi, Mauro Arma- nino, Marco Bersani, Alberto Burgio, Alessandro Dal Lago, Angelo Del Boca, Maurizio Del Bufalo, Gianni Ferrara, Gianluca Gabrielli, Alberto Giasanti, Chiara Labate, Maria Ro­saria Marella, Maria Grazia Merig­gi, Roberto Moscati, Giuseppe Mosco­ni, Salvatore Palidda, Valentino Par­lato, Nico Perrone, Antonello Petril- lo, Adriano Prosperi, Annamaria Ri­vera, Emilio Santoro, Ciro Taranti­no, Danilo Zolo

Prime adesioni
Marco Albeltaro, Vito Alò, Angeli­ca Bertellini, Marie-Ange Bissessur, Paola Bonora, Andrea Brazzoduro, Silvio Cellamare, Antonello Ciervo, Giulia Cibrario, Angela De Benedic- tis, Sandra De Santis, Leila Di Mar­co, Roberto Di Marco, Alfonso Di Ste­fano, Giuseppe Fecondo, Fausta Ferruzza, Guido Liguori, Niva Lorenzi- ni, Marcello Maneri, Luca Manun- za, Angelo Mastrandrea, Antonio Mazzeo, Luca Nivarra, Federico Oli- veri, Roberto Passini, Caterina Pa­stura, Vincenza Perilli, Armando Pe- trini, Daniela Rocca, Antonella Sel­va, Tommaso Starace, Bruno Steri

domenica 9 gennaio 2011

L'ALGERIA E' VICINA (anche più della Cina)

La rivolta era nell'aria. Già da alcuni giorni nelle maggiori città dell'Algeria si respirava un clima pesante dovuto agli aumenti dei prezzi dei beni di prima necessità del 20-30 % che si sono aggiunti alla già difficile situazione socio-politica del Paese del Maghreb. L'Algeria è governata dal 1999 da Abdelaziz Bouteflika, un “modello” per gli organismi internazionali che fingono di ignorare sia le condizioni di vita della popolazione sia i più che probabili brogli che hanno portato Bouteflika al potere per due mandati consecutivi. Durante le ultime elezioni (2004), descritte come eccellente esempio di democrazia nel mondo arabo da parte dei pochi osservatori dell'OSCE, Bouteflika ha vinto con l'85 % dei consensi, percentuale che fa quantomeno dubitare sulla regolarità delle elezioni.
In campagna elettorale Bouteflika aveva dato numerose speranze ai giovani (circa il 70 % della popolazione è sotto i trent'anni) e ai settori più disagiati, promettendo di investire le riserve di denaro accumulate con l'aumento del prezzo del petrolio per diminuire la disoccupazione e per edificare nuovi quartieri e case popolari. La disoccupazione, che secondo le fonti ufficiali del governo algerino si attesta al 11 %, è in realtà al 25 %, mentre le case popolari sono state costruite in misura molto minore rispetto alle promesse della campagna elettorale.
La rabbia dei giovani algerini, accumulata per la politica di palazzo di Bouteflika e per l'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, è riesplosa ieri, come nel 1988, di venerdì, dopo la preghiera. Ma questa sembra essere l'unica analogia fra la rivolta del '88 e quella di oggi. Nel '88 infatti la rivolta era stata molto più politica, diretta contro il partito unico e per la giustizia, mentre quella di oggi è una ribellione puramente sociale, guidata solo dalla rabbia dei giovani algerini e non dal fondamentalismo islamico che guidò quella del '88.
Questa rivolta però non riguarda solo l'Algeria, ma anche tutti i Paesi del Maghreb e del Mediterraneo. Un esempio concreto è già stato dato dalla Tunisia, dove le rivolte sono partite già alla metà di dicembre, ma non sono ancora scoppiate su ampia scala come successo in Algeria.
Quanto sta succedendo in Algeria deve dar da pensare non solo a Bouteflika e ai governanti dei Paesi del Maghreb, ma a tutto il mondo, in quanto la rivolta algerina è parte della crisi economica che colpisce tutto il mondo. Il compito per Bouteflika adesso si fa arduo, soprattutto se non cambia politica. In Algeria, come in tutto il resto del mondo, il populismo non basta più.

Marco Antonioli