sabato 27 novembre 2010

Accade in Italia

di Mattia del CPO Gramigna di Padova
41bis.jpg[Sembra incredibile. Due anni di prigione a un giovane operaio e ad altri suoi compagni solo per avere - forse - gridato uno slogan durante un corteo. Questa è l'Italia 2010. Qualcosa di cui vergognarsi.] (V.E.)
Ciao a tutti, ieri mattina ho appreso di essere stato condannato, in primo grado, a due anni per apologia di terrorismo. La mia unica colpa, condivisa con altri sei compagni del CPO Gramigna e un'altra dozzina di anarchici di varie città, è quella di aver partecipato alla manifestazione contro il carcere duro (41 bis) svoltasi a L'Aquila il 3 Giugno 2007. Il corteo di quel giorno, dopo aver attraversato il centro cittadino, terminò con l'invasione dell'area, protetta da limite invalicabile, prossima al carcere speciale del capoluogo abruzzese. In quel carcere, in condizioni di isolamento totale, oltre a numerosi mafiosi è rinchiusa Nadia Lioce.
L'accusa che ci viene rivolta è quella di aver scandito lo slogan: "La fabbrica ci uccide / lo stato ci imprigiona / che cazzo ce ne frega / di Biagi e di D'Antona".
Ora, a prescindere dal fatto che lo slogan sia stato o meno scandito e da chi effettivamente l'abbia scandito, a prescindere dal giudizio di ognuno sulla Lioce e la sua organizzazione, trovo incredibile il fatto che la magistratura sia arrivata al punto di fabbricare un'inchiesta su uno slogan. Uno slogan che anche analizzato nella sua essenza non è apologia di alcunché, esprime semmai il rifiuto di osservare la realtà dal solo punto di vista che ci è concesso, quello dei media, espressione della presunta democrazia in cui viviamo.
La famosa libertà di espressione, sancita costituzionalmente, impallidisce di fronte a una condanna a due anni, il PM ne aveva chiesti cinque, per uno slogan, e sono costretto a pensare che questa debba servire da monito a tutti quelli che hanno deciso di non chinare la testa.
Tutta l'attività politica che svolgiamo a Padova, attraverso il centro popolare, che abbiamo recentemente rioccupato, i comitati di quartiere e i collettivi studenteschi è incentrata sul continuo confronto con la gente comune, quindi ci rendiamo perfettamente conto di quanto sia difficilmente comunicabile e capibile il senso di una tale operazione repressiva.
Al restare in silenzio, nella vana speranza che la sentenza d'appello possa ribaltare questa situazione, abbiamo preferito comunicare pubblicamente la gravità di questa condanna e il precedente che rappresenta.
Mi domando come mai il Tribunale de L'Aquila, tanto celere nel vagliare fotogramma per fotogramma la manifestazione degli "apologeti" del terrorismo e nell’emettere condanne esemplari, non sia altrettanto solerte nel condannare gli imprenditori che all'indomani del terremoto si fregavano le mani pregustando grandi affari.
Forse vi farà piacere sapere - la nostra avvocatessa dell'Aquila (impegnata anche a difendere i terremotati) ce ne ha dato notizia - che i palazzinari imputati per il crollo della Casa dello Studente hanno chiesto e ottenuto di spostare il loro processo, da L'Aquila a Roma, per incompatibilità ambientale...
Scusate lo sfogo, ma non trovo parole per definire questa magistratura che, mentre si prepara ad assolvere i pescecani dell'edilizia, ha già assolto gli stragisti di Piazza della Loggia…

http://www.carmillaonline.com/archives/2010/11/003687.html

SFREGIO AL MONUMENTO DEDICATOALLA BRIGATA MAIELLA IN VIA BARBACCI – QUARTIERE SAVENA - BOLOGNA


In data 26 novembre 2010 abbiamo assistito all'ennesimo sfregio alla memoria resistenziale e partigiana: il monumento dedicato alla Brigata Maiella è stato imbrattato con scritte inneggianti al dittatore del Ventennio e con simboli celtici. Degli autori materiali nessuna traccia, ma riteniamo che questo non sia il punto. Di fatto non conosciamo le motivazioni che stanno dietro questi e altri gesti simili; crediamo che sia innanzitutto, o forse soltanto, un modo di essere “ contro”: ma contro cosa? E se così fosse, perché questo continuo e reiterato accanimento contro i simboli della nostra libertà? Dietro queste domande c'è da parte nostra la volontà di arrivare ad un confronto con gli attori di questi gesti per capire le ragioni vere che li muovono e, soprattutto, per comprendere l'origine della “paura” verso un movimento di popolo che 65 anni fa ci ha restituito la libertà. Che sia proprio la libertà a far paura? Le dittature hanno sempre tranquillizzato psicologicamente le masse, la libertà obbliga i singoli a confrontarsi innanzitutto con se stessi. I regimi hanno sempre bisogno di qualcuno che, pur ritenendosi legittimamente eletto, dica “ghe pensi mi”, ma non è di questi duci che la libertà ha bisogno. Gandhi era un duce: era un capo, una guida, che attraverso la testimonianza di vita e pagando di persona ha dimostrato che la libertà si ottiene con la partecipazione di tutti. L'emancipazione dei popoli è avvenuta perché la storia è ricca di figure come Martin Luther King, Nelson Mandela, Rigoberta Menciù, Aung San Suu Kyi.... che hanno fatto della libertà una bandiera e una ragione di vita. Essi non hanno avuto bisogno di eserciti, apparati di polizia e di strutture di potere. La conoscenza e la libertà vanno sempre a passeggio insieme: il venir meno di una di queste condizioni ha sempre creato il presupposto per ogni oscura avventura. Noi sappiamo cosa sono stati il Ventennio fascista, il potere di Hitler e quello di Stalin e sappiamo cosa è stata la lotta di liberazione italiana ed europea. Voi che avete commesso questo gesto e voi che vorreste commetterne altri, avete coscienza e conoscenza della storia?

venerdì 26 novembre 2010

La Russa: "Io come D'Annunzio".



E lancia volantini su Bala Murghab

Il ministro in visita in Afghanistan

BALA MURGHAB (AFGHANISTAN)
«La Russa come D'Annunzio». È lo stesso ministro della Difesa a suggerire ai giornalisti il titolo della notizia che lo ha visto oggi protagonista sui cieli dell'Afghanistan: un «volantinaggio» dall'elicottero che lo ha trasportato dalla base di Herat al distaccamento di Bala Murghab. Sui manifestini il messaggio rivolto alla popolazione a fare attenzione ai pericoli delle mine e a respingere gli "insorti".
Dall'elicottero CH-47 italiano sono stati lanciati oggi 11 mila di questi volantini ideati, spiegano al comando del contingente, «per supportare la campagna di reintegrazione degli insorti nella società civile promossa ed attuata dal governo afgano». In uno è raffigurato un combattente che abbandona la via della violenza e ritorna al suo villaggio. Il messaggio è: «Il benessere proviene dalla pace». In un altro si ricorda invece che le mine e gli ordigni esplosivi in generale rappresentano la maggiore minaccia sia per i militari che per la popolazione civile e, dunque, «gli insorti che ne fanno uso costituiscono la principale minaccia - questo il testo del messaggio rivolto alle popolazioni - per le vostre famiglie».
24 novembre 2010


Questi sono i ministri della Repubblica d’Italia.
Uno a caso: il sig. La Russa Ignazio. Diventa estremamente necessario ed urgente per la salvezza della Repubblica, una radicale bonifica della classe politica dirigente.
La guerra è una cosa seria, e quella in Afghanistan è un palese tradimento alla nostra Costituzione. Il sig. La Russa Ignazio, se ama giocare a fare il soldatino o il Gabriele D’Annunzio, si dimetta da ministro e si arruoli nella Legione Straniera.
E, ricordiamocelo ancora, è il sig. La Russa Ignazio, a prendere in giro il popolo con la complicità di un altro ministro, sig.ra Gelmini Maria Stella, dando il colpo di grazia all’agonizzante Scuola italiana promovendo corsi di formazione militare per ragazzi delle scuole medie superiori validi come “crediti formativi” dove viene insegnato anche a sparare. Paradossale il titolo del corso: “Allenati alla vita”. Meglio sarebbe “Allenati alla morte”.
Le succitate persone hanno la pretesa di utilizzare i nostri figli come carne da macello nei vari scenari mondiali dove si consumano le tragedie della guerra; dove, per tutelare gli interessi economici di pochi nababbi, vengono massacrate le popolazioni civili.
Il sig. La Russa Ignazio mandi sul fronte afghano, invece, suo figlio (e possibilmente senza scorta) per darci il buon esempio di allenamento alla vita.
E visto che i politici al potere lamentano, spesso e volentieri, di non avere un contraddittorio (quando sono invece sempre presenti in talk-show a fare i propri monologhi), vorrei che il contraddittorio l’avessero, una volta tanto, i cittadini per chiedere al sig. La Russa Ignazio con arroganza si è reso fautore della proposta di riarmo dell’Italia con un programma per la realizzazione di 131 cacciabombardieri F35 Joint Strike Fighter che impegneranno il nostro paese fino al 2026 con una spesa (destinata ad aumentare) di oltre 15 miliardi di euro.
Il Parlamento, approvando la prossima "Legge Finanziaria", stanzierà per la produzione degli aerei circa 472 milioni di euro per il 2011, cifra che dovrà più che raddoppiare negli anni successivi per tenere il passo con quanto deciso.
E tutto questo quando ci sono in Italia intere famiglie che non sanno come arrivare a fine mese e gravi problemi sociali che vanno, di giorno in giorno, aggravandosi.
Coloro che sostengono questi signori al governo dell’Italia sono informati di tutto ciò?
Spero in un dialogo con queste persone (perché con i signori del governo è impossibile avercelo).

Riccardo Giordano


domenica 21 novembre 2010

L'Einaudi minaccia di querelare i compagni e il fratello di Peppino Impastato. Avevano chiesto una rettifica a Saviano

La vostra lotta è la nostra lotta, attaccare voi è attaccare la storia dell'Antimafia civile
Saviano scrive che, prima del film "I Cento Passi", la memoria di Peppino Impastato era custodita solo da pochi, mettendo in relazione il film con i processi per l'assassinio di Peppino. Umberto Santino e, successivamente, Giovanni Impastato chiedono che venga riconosciuto la loro più che trentennale battaglia perché Peppino abbia giustizia: il processo era iniziato prima del film, grazie a questa battaglia. L'Einaudi, la casa editrice per la quale Saviano ha scritto il testo incriminato, per tutta risposta minaccia querele.


Quanto sta accadendo in queste settimane è l'emblema dell'Italia di oggi, l'Italia dei salotti e che non si indigna più, un Paese che riconosce una sola narrazione, quella della televisione e del pensiero unico che narcotizza e omologa. Una storia come quella del Centro Siciliano di Documentazione Peppino Impastato e di tutti i compagni di Peppino, del loro coraggio e della loro determinazione nel portare avanti la lotta perché venisse fatta giustizia a Peppino non può esistere. E' molto più comodo far credere che tutto sia avvenuto per un film, che questo film abbia risollevato dall'oblio la storia di Peppino e magicamente tutto è tornato in moto, anche i Tribunali. Perché questa è l'ideologia televisiva, un quarto d'ora di celebrità e tutti hanno diritto ad esistere. Ma prima di quel quarto d'ora, fuori dal recinto dorato non si esiste. Addolora e amareggia che, in questo caso, sia coinvolto Roberto Saviano. Perché tutto è nato da un suo scritto. Saviano, almeno ufficialmente, non ha ancora preso posizione. Possiamo ancora sperare che voglia esprimere forte contrarietà per quanto sta facendo la casa editrice Einaudi e voglia difendere Umberto, Giovanni e il Centro. Umberto, in più riprese, gli ha chiesto un confronto pubblico, un incontro chiarificatore. Lo ha auspicato anche Riccardo Orioles. Sarebbe molto triste se non fosse così. Per Saviano e per tutti noi.

La querela dell'Einaudi, una volta gloriosa casa editrice, riporta alla mente i fatti del 2004, allorquando l'avvocato di Tano Badalamenti querelò Giovanni Impastato per aver dichiarato al Maurizio Costanzo Show che chi sosteneva che Peppino fosse un terrorista-suicida era un imbecille. In quell'occasione Giovanni fu condannato. Oggi l'indignazione non può che essere la stessa. Viviamo tempi in cui due luminose figure dell'impegno civile e dell'antimafia vengono irrise, sminuite, attaccate mentre l'Italia sempre più precipita nell'illegalità, nell'affarismo, nella speculazione, nella penetrazione mafiosa nelle Istituzioni e in economia, nell'avanspettacolo. Il loro impegno, il loro coraggio, la loro trentennale battaglia per la giustizia e per denunciare (e documentare, che al giorno d'oggi è merce rara) i potentati mafiosi dev'essere il nostro. E' un patrimonio dell'Italia migliore, che non si arrende e alza la testa, un patrimonio da difendere e custodire quotidianamente. Persone come Giovanni e Umberto andrebbero sostenute, difese, prese da esempio. E invece, c'è il silenzio (anche di tanti presunti antimafiosi, ma da salotto). Questo silenzio, quest'omertà va spezzata. E' doveroso chiedere a Saviano di esprimersi e chiedere scusa. Tutti possiamo sbagliare, a tutti può capitare di essere fraintesi. Probabilmente, vogliamo crederlo, Saviano non è riuscito ad esprimere compiutamente e correttamente il suo pensiero. Basterebbe un suo gesto, una sua presa di posizione pubblica per fermare l'attacco dell'Einaudi e ripristinare la verità. Sarebbe un atto di giustizia, verso il Centro e verso la memoria di Peppino. Una memoria che non possiamo permettere, e ancor più non può Saviano accettare di esserne strumento, sminuita e offesa. E' la memoria di un sacrificio, assassinato dalla mafia e accusato da morto di essere un terrorista. E' la memoria di un cammino trentennale, una lotta per chiedere giustizia iniziata poche ore dopo l'assassinio e giunta ad oggi ancora in piedi, luminoso esempio di un cammino da seguire per tutti coloro che credono ancora che la mafia, parafrasando Borsellino, è umana ed è destinata a finire. Il l 9 maggio 1978 Peppino Impastato fu ucciso dalla mafia. Il boss Tano Badalamenti decise che Peppino era diventato scomodo. Quel giorno era convinto di aver messo a tacere un uomo che voleva e cercava la giustizia. Invece si sbagliò profondamente. Perché dal sacrificio di Peppino, dall'amore per la giustizia che lui aveva sempre mostrato, tante voci si levarono. Il giorno dei funerali di Peppino, centinaia di persone (in gran parte da fuori Cinisi) accompagnarono la bara. "All'improvviso, come a rispondere agli slogans dei compagni ("Peppino è vivo e lotta insieme a noi"), si levò, alto, deciso, il pugno chiuso di Giovanni. Era una prima risposta. Un filo cominciava a intrecciarsi. Dentro la famiglia Impastato qualcuno dichiarava pubblicamente di prendere il testimone, si schierava apertamente con Peppino e con i suoi compagni. Ai muri del paese in un piccolo manifesto si leggeva: Peppino Impastato è stato assassinato. L'omicidio ha un nome chiaro: Mafia" ricordano Anna e Umberto Santino.

Come fiori in primavera gli amici di Peppino decisero di proseguire il suo impegno, la sua lotta contro l'oppressione e la violenza mafiosa. Questo gruppo di irriducibili cercatori di giustizia hanno da subito trovato un motore inesauribile nella famiglia di Peppino. L'anziana mamma Felicita e il fratello Giovanni decisero di non lasciar morire la sua voce. Anche grazie a loro, oggi digitanto su un qualsiasi motore di ricerca "Peppino Impastato" si trova subito tantissime testimonianze di una Sicilia che non si arrende alla mafia. Il primo impegno fu quello di rendere giustizia proprio a lui. I mandanti del suo assassinio, insieme ai loro appoggi istituzionali accusarono Peppino di essere un terrorista e di essere morto mentre stava preparando una bomba. Si voleva infangarne la memoria, cancellare il suo impegno antimafia. Ma i suoi amici non si arresero e condussero una battaglia legale durissima. Nonostante i boicottaggi e i depistaggi alla fine la giustizia prevalse. Alle ore 17,15 dell'11 aprile 2002 la Corte d'Assise di Palermo condanna Gaetano Badalamenti all'ergastolo in quanto mandante dell'omicidio Impastato. 24 anni dopo finalmente era giustizia. Quelle poche parole di Saviano, e il comportamento dell'Einaudi, nascondono e non riconoscono tutto questo.

In questo ultratrentennale cammino, tantissimi sono i momenti che andrebbero ricordati, momenti straordinari che testimoniamo la limpidezza e l'umanità di chi lo sta conducendo. Tra i tanti pubblici, a me piacerebbe ricordarne uno quasi privato: l'incontro tra Haidi Giuliani e Felicetta, la mamma di Peppino. Le parole con le quali Umberto testimoniò l'incontro tra le due madri, l'abbraccio tra la resistenza contro la mafia e la resistenza contro la globalizzazione, due imperi economici e politici che si incontrano e fanno affari insieme da sempre. Dalla loro umanità possiamo, e dobbiamo, ripartire. Con coraggio, ovvero col cuore.

Chiediamo giustizia per Peppino, ieri, oggi e sempre. Al fianco di Umberto e Giovanni, al fianco del Centro Siciliano di Documentazione Peppino Impastato e dei compagni di Peppino. Perché esiste un'Italia migliore, un'Italia che non accetta di piegarsi e il compromesso interessato, che non si arrende e s'indigna. Quest'Italia va ringraziata, va difesa e va seguita.
Alessio Di Florio

I dettagli della vicenda
http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5420&Itemid=9


E' possibile sostenere, anche economicamente, il Centro (che si autofinanzia)
Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”
via Villa Sperlinga 15
90144 Palermo
conto corrente postale
n. 10690907

UN PROGRAMMA ANTIFASCISTA

Vi e' un solo modo per impedire che l'ennesima crisi del regime autocratico-gangsteristico berlusconiano si risolva in una nuova conferma o in un gattopardesco proseguire del berlusconismo senza Berlusconi attraverso i suoi associati e caudatari di lungo corso.
Vi e' un solo modo per impedire che questa ora di verita' generi nuova menzogna e nuova prostituzione al male.
Ed il solo modo per impedire un esito vieppiu' avvilente e' quello di impegnarsi subito a costruire una coalizione per la legalita' democratica, una coalizione per la democrazia progressiva, una coalizione per l'alternativa nonviolenta al regime della corruzione, del neofascismo, della guerra e del colpo di stato razzista.
Ma una coalizione per la Costituzione e per la civilta' deve avere come suo elemento costitutivo e costruttivo un programma antifascista nitido e intransigente.
E cuore di questo programma devono essere due scelte politiche decisive: l'impegno per l'immediata cessazione della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan; l'impegno per l'immediata abrogazione di tutte le scellerate misure in cui si e' concretizzato il colpo di stato razzista nel nostro paese.
Ma perche' una coalizione antifascista e un programma antifascista possano darsi, occorre che entri in scena un soggetto politico che senza piu' alcuna subalternita' e ambiguita' si ponga come portatore di una proposta politica nonviolenta.
Un soggetto politico che non degeneri subito in nuove burocrazie e vecchi cialtroni, sempiterni beoni e rampicanti dell'ultim'ora, nel machiavellismo degli stenterelli che tanto catastrofico e' stato; un soggetto politico che nasca dall'incontro laico e plurale delle tante esperienze del femminismo, dell'ambientalismo, delle lotte delle e degli sfruttati ed oppressi, che recuperi la corrente calda delle tradizioni di lotta, di solidarieta' e di liberazione datesi negli ultimi due secoli, e che colga la necessita' storica di scegliere la nonviolenza come teoria-prassi adeguata ai compiti dell'ora, che nel quadro della nonviolenza sappia comporre le istanze di giustizia e di liberta', che con la forza della nonviolenza sappia porsi come elemento trainante di una mobilitazione che dal basso contribuisca alla nascita di una coalizione e di un programma antifascista.
Per sconfiggere l'autocrazia berlusconiana.
Per promuovere una politica ecoequosolidale, di pace e di liberazione, femminista, nonviolenta.
Nella concretezza dell'agire, nell'intransigenza della scelta della riforma morale e intellettuale, nella misericordia per tutti i viventi.

Beppe Sini
(Direttore del "Centro di ricerca per la pace di Viterbo")

sabato 20 novembre 2010

MI VIENE UN DUBBIO (Am vein un dobby)


RAI 1 TV aveva programmato per la prima serata di lunedì 15/11, la ripetizione di un film in costume: “La baronessa di Carini”.
Il programma era stato ripetutamente pubblicizzato nei giorni precedenti e sui giornali.
Qualche giorno prima, senza alcuna motivazione, viene ripetutamente annunciato che, invece de “La baronessa di Carini” sarebbe stato proiettato il film “Gli arancini di Montalbano”.
Ciò è avvenuto.
A me, però, è sorto un dubbio: poiché la differenza di gradimento, fra le due opere, mi è parsa evidente, ho pensato che la modifica sia stata fatta per tentare di indurre a preferire quel film su RAI 1 al programma di RAI 3 “Vieni via con me” presentato e condotto da Fazio e Saviano.
Se tale fosse il caso, mi sentirei di affermare trattarsi di strumentalizzazione di basa lega, per giunta nell’ambito della stessa Azienda e di offesa per noi!
Ma voi, cari Utenti del sito A.N.P.I. cosa ne pensate?
con affetto,

Gianni Tellaroli
(Presidente sezione ANPI PIANORO)

Per rimanere in argomento, perché non chiederVi anche per quale motivo le cosiddette “fiction”, in seconda ed ultima puntata –la prima di solito va in onda la domenica– ballano tra il martedì ed il giovedì, sempre su RAI 1 quando, guarda il caso, su RAI 3 sono programmati rispettivamente “Ballarò” ed “Anno zero”, che suscitano molte riflessioni?
Alcuni nostri padri romani non proprio galantuomini –Nerone in particolare– coniarono ed applicarono il proverbio latino “panem et circenses” –vitto e spettacoli– per distogliere l’attenzione della plebe dai varii problemi esistenti e per tenerla tranquilla ed obbediente .
Secondo me, che ritengo come la storia, anche se adattata ai tempi, si ripeta, alcuni nostri padri “attuali” non riusciranno a condizionarci, perché il nostro popolo –anche se un po’ distratto ed indifferente– non è più “bue ed ignorante” (mi scusi il bue!) Allerta!!!!

Gianni

20/11/2010

BRESCIA – 1974


Piazza della Loggia:
-         manifestazione antifascista organizzata dai Sindacati;
-         è in corso il rituale comizio;
-         improvvisamente esplode una bomba in mezzo alla gente, alla nostra gente;
-         tanti morti, tanti feriti, tanta paura;
-         i supersiti chiedono giustizia;
-         noi chiediamo giustizia;
-         dopo 36 anni di processi–fiume, gli imputati della strage vengono assolti;
-         la giustizia, ancora una volta, è stata negata;

Come la penso io?
Non si potevano condannare gli assassini, perché si correva il rischio di far uscire i nomi dei mandanti, alcuni dei quali sono ancora perfettamente integrati nei nostri apparati dello Stato.
E’ la mia opinione!

Gianni Tellaroli
(Presidente sezione ANPI PIANORO)
19/11/2010

venerdì 19 novembre 2010

LETTERA APERTA AL “COMITATO STUDENTI GALVANI” CHE COS'E' LA MERITOCRAZIA

Meritocrazia cioè “potere del merito”. Chi merita di più dovrebbe avere maggior prospettive. Fin qui siamo tutti d'accordo. Bisogna però capirsi su che cosa si intende per “merito”.
In tutte le società occidentali contemporanee il merito viene semplicemente attribuito in base a numeri con i quali siamo marchiati per tutta la vita. Dalla prima elementare fino alla laurea ci vengono attribuiti dei numeri in base alle nostre prestazioni scolastico-accademiche che segneranno poi, nel bene o nel male, il nostro futuro.
Ma siamo convinti che quanto noi possiamo dare alla società una volta entrati nel mondo del lavoro sia evidenziato solo da quel 100 e lode preso alla maturità o a quel 110 e lode col quale ci siamo laureati? Io credo che il merito vada attribuito in base ad altri fattori. Non merita forse di più un figlio di operaio che dopo grandi sforzi compiuti da solo, senza il supporto di un background culturale “abituato” allo studio e con minori opportunità economiche, giunge ad un sudatissimo 7, piuttosto che un figlio di medico abituato fin da piccolo ad entrare in contatto con un modello culturale più avanzato e che riesce ad ottenere i migliori risultati?
Teniamo presente che una scuola basata sulla meritocrazia è una scuola che discrimina. Con una scuola meritocratica la società non potrà far altro che allargare il divario già abbastanza ampio fra i “piani alti” e i “piani bassi”.
La scuola dovrebbe dare a tutti le stesse opportunità di emergere investendo in risorse fruibili per tutti e, soprattutto, dovrebbe rimettere gli studenti tutti, ricchi, poveri, immigrati, italiani, diversamente abili...al centro di ogni progetto didattico ed educativo.
Il futuro della società non può dipendere da numeri (110/100/90...), ma da coscienze realmente responsabili rispetto alle quali andrebbe espresso l'unico giudizio di merito.

di Marco Antonioli

Extracomunitari, stranieri, migranti… quando applicheremo finalmente la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo chiamandoli cittadini ?


Sabato 13 novembre 2010, a Bologna ho partecipato assieme a diverse migliaia di persone al corteo regionale, pacifico e gioioso,  contro la violenza della truffa della sanatoria colf e badanti, il permesso di soggiorno a punti, la Bossi-Fini, i CIE. e in solidarietà ai  4 immigrati che protestavano dal 30 ottobre sulla gru di piazza Cesare Battisti a Brescia. Questi ragazzi decisero di far salire la loro lotta sulla sommità della gru, dopo le cariche e la demolizione del presidio permanente  che dal 28 settembre 2010, esprimeva la volontà dei lavoratori immigrati bresciani di rigettare al mittente la truffa della sanatoria. In testa al corteo c’era il Coordinamento Migranti di Bologna, a seguire diversi  gruppi tra cui Associazione Donne Senegalesi, Coordinamento Migranti di Castel Maggiore, semplici cittadini, arrivati anche dal resto della regione e dal Veneto e dalla vicina Lombardia.  Un fiume  di parole, musica, che ha fatto scorrere  la dignità morale, (quella che manca a questo parlamento, che nel 2008 ha eletto 72 parlamentari con condanne penali definitive, e a questo governo fascista e piduista, che sa rispondere solo con la repressione e le espulsioni per rappresaglia come avvenuto ieri ) attraverso la determinazione dei “ migranti “ ad essere considerati cittadini lavoratori. Un  corteo che ha fatto risuonare la  voce di una lotta contro un sistema che ha “lo scopo di produrre clandestinità” , dunque  “persone sfruttabili e ricattabili”. Il lungo fiume di etnie  ha percorso i viali, ma ha potuto  solo lambire il centro vietato alle manifestazioni dal governo della città, grazie ai poteri speciali e incostituzionali concessi da Maroni. Le parole d’ordine, gli slogan, oltre alla contingenza di questo momento storico, mi hanno richiamato alla mente i cortei del Partito Comunista Italiano che sapeva, tra mille difficoltà e contraddizioni, interpretare nella società e nel parlamento, il ruolo di difensore degli ultimi e di garante delle lotte per la giustizia sociale.
Siamo tutti sulla gru!  Lotta dura senza paura !Benvenuto fratello immigrato !  Ricostruiamo l’Italia Insieme !!  Né truffe né ricatti permesso di soggiorno subito !  Non siamo tutti qui, ma siamo tutti qui per tutti! Noi il primo marzo abbiamo scioperato….ora sciopero generale ! No al reato di clandestinità ! Comitato 1° Marzo. Basta pagare per restare ! Coordinamento Migranti Bologna e Provincia .  No alla Bossi – Fini ! Siamo tutti partigiani della nuova resistenza !
Questi i più significativi che interrogano da vicino le nostre coscienze. Come possiamo far finta di niente sapendo che gli stranieri sono ormai il 6% della popolazione totale e producono il 10% del Pil con l’ex-ministro degli interni Pisanu che afferma che l’Italia, nonostante la crisi, continua ad aver bisogno di 300.000 lavoratori stranieri ogni anno? Da questa situazione è nata una proposta di legge per la riforma del diritto di cittadinanza, su sollecitazione della comunità di S. Egidio, firmata da 20 deputati Pdl, 20 Pd, 5 IdV e 5 Udc, ferma ora in Commissione affari istituzionali.
Qualcuno, per cortesia,  informi il ministro dell’interno Roberto Maroni che nonostante tutto l’italia è una Repubblica Democratica Parlamentare NATA DALLA RESISTENZA.
E qualcun altro informi l’opposizione che anziché corteggiare sempre Fini e soci, coltivi la frequenza e le pratiche dell’ antagonismo sociale e culturale, che sono le vere alternative!
Il capitalismo voleva solo braccia, sono arrivate invece delle persone in carne ed ossa a ricordarci che la lotta per la dignità umana è una lotta senza tempo e non è mai scaduta. E c’è un’ultima cosa su cui dovremmo riflettere: la lotta dei migranti non è una lotta per i “loro” diritti, è una lotta per i diritti di tutti perché oggi è in gioco la dignità umana e la dignità umana non ha colore di pelle: il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, all’uguaglianza, alla crescita culturale, oggi non sono acquisti nemmeno per noi, cittadini italiani da sempre,  ma costantemente messi in discussione da una politica discriminatoria ed escludente.
E nel nome di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, non possiamo delegare ai migranti la lotta per i nostri diritti perchè…

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Bertold Brecht

di Mauro Bonafede

mercoledì 17 novembre 2010

Manifestazione 17 novembre ’10 un’occasione per farci sentire



Oggi abbiamo l’opportunità di scendere in piazza anche noi studenti a manifestare contro un sistema che non riesce a rappresentarci e non vuole darci né ascolto, né tantomeno la sicurezza e i mezzi adeguati per avere un futuro solido e certo, un lavoro per vivere e la possibilità di sostenere una famiglia.
Oggi vediamo troppe situazioni di precarietà della nostra “
DEMOCRAZIA” e vogliamo dire basta! Siamo stanchi di sentirci instabili e tenuti in poco conto, in un sistema che DEVE, in futuro, basarsi su di noi e di cui NOI diventeremo protagonisti primi.
Oggi diciamo
NO ai tagli alla scuola che si aggirano sui 7,8 miliardi di euro.
Oggi diciamo
NO ai tagli sul NOSTRO FUTURO.
Oggi diciamo BASTA, convinti che sia un occasione per farci sentire, davvero!
Oggi diciamo
NO ad una politica manipolata e standardizzata, rappresentata da vecchie idee e priva di motivazione.
Se noi siamo un punto fermo dello stato allora lo stato
DEVE coltivare il futuro, DEVE garantirci una formazione che sia in grado di forgiare uomini abbastanza preparati da portare avanti l’Italia.
Proprio ora, periodo di estrema incertezza a livello politico, urliamo e affermiamo con convinzione che noi vogliamo un futuro! E se i nostri rappresentanti politici, per esigenze personali o di bilancio non vogliono garantircelo non ci INTERESSA!
È un nostro diritto imparare, e da questo noi dobbiamo partire.
NON è ora il momento di fermarsi! Siamo riusciti a scaldare il ferro, e allora battiamolo finchè è caldo! Da noi DEVE partire questo!
CHIUNQUE ci governerà domani deve sapere che noi non siamo piegati sotto le volontà di un governatore, noi vogliamo ottenere qualcosa di vero, di concreto, vogliamo fondi per l’istruzione pubblica, vogliamo MERITOCRAZIA, ma questa la possiamo ottenere solo tramite le risorse!
Proprio adesso dobbiamo farci sentire!
Troppi di voi pensano ora di mollare perché tanto è inutile. BENE non sarà così! Gli universitari sono riusciti ad ottenere qualcosa: dopo le ultime proteste il governo ha deciso di stanziare 1 miliardo di euro nel fondo universitario. Sono conquiste che devono rappresentare un punto di partenza.
TUTTI ora dobbiamo urlare no! Dobbiamo fare capire a tutti che a noi così non va BENE! Non siamo sudditi e vogliamo imparare per mostrarci pronti nel momento del bisogno.
NON molliamo! Ce la possiamo fare perché abbiamo i mezzi e le capacità per farlo, se lo vogliamo se lo VOLETE.






    Studenti Medi Galvani  

IL PAESE DELLE STRAGI IMPUNITE





Il 28 maggio 1974 in piazza della Loggia a Brescia era in corso una manifestazione antifascista, pacifica e democratica organizzata dai sindacati. Alle 10.12 la piazza fu devastata dall’esplosione di una bomba che provocò la morte di otto persone e oltre cento feriti.
16 novembre 2010: i giudici della Corte di Assise di Brescia, assolvono tutti e cinque gli imputati, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti. L’assoluzione si è avuto in base all’art. 530 comma 2 “perché la prova manca, è insufficiente o contraddittoria” – la vecchia insufficienza di prove. Il signor Nessuno ha colpito ancora. Un vecchio slogan di tante manifestazioni diceva “Piazza Fontana ce l’ha insegnato, il 12 dicembre la strage era di Stato”. E’ solo una questione di luoghi e date… la sostanza rimane inesorabilmente la stessa.
Siamo il Paese delle stragi impunite, da piazza Fontana, alla Stazione di Bologna. Professionisti dei depistaggi che impediscono di arrivare alla verità, di far scoprire la mano fascista che operato le stragi. La loggia massonica P2 aveva un programma politico eversivo denominato “piano di rinascita democratica”: abbiamo visto che questo piano è stato in gran parte attuato.. e molte leggi approvate in questi ultimi quidici/vent’anni sembrano trarre ispirazione da questo piano. E non possiamo non leggere in questo senso la sentenza di ieri, che afferma ancora una volta che nel nostro Paese c’è una frattura profonda nelle regole della democrazia, c’è una ferita che non si rimargina nel concetto di libertà. La sentenza ci restituisce un giudizio della Corte che non rende giustizia: in quanto tale definisce soltanto i colpevoli e gli innocenti di fronte al tribunale dello Stato, ma il tribunale della Storia non può omologare quella sentenza. Stando alle pronunce dei tribunali, Mussolini non ebbe parte nell’omicidio di Matteotti, Trotzkji si unì a Hitler contro l’Urss, Sacco e Vanzetti erano colpevoli, Anna Bolena meritò la decapitazione perché adultera e Giovanna d’Arco il rogo perché vestiva abiti maschili. La verità storica sta da un’altra parte. La sentenza di Brescia ci ricorda, caso mai ce ne fossimo dimenticati, che nel nostro Paese c’è una spaccatura insanabile tra libertà e regole: una regola fondamentale di libertà è quella di garantire la conoscenza della propria storia, fornire gli strumenti per conoscere senza dimenticare perché la dimenticanza della storia favorisce il ripetersi delle sue costanti peggiori e degli episodi più oscuri.

Mariangela Mombelli

martedì 16 novembre 2010

Sulla crisi di governo

non so se esultare oppure no. In queste ore si sta forse consumando la fine del Berlusconi con l'uscita del gruppo finiano dal governo. Ma attenzione questa forse è la fine dell'uomo politico, se non ha il cosiddetto colpo di coda, Silvio Berlusconi. Il berlusconismo invece credo, e spero che i fatti mi smentiscano, continuerà per anni a regnare sovrano nel nostro paese. Ho fatto un giro di rassegne stampa e, ovviamente a parte i giornali che ne danno notizia, nei nostri cari e "amati" siti non c'è niente. Addirittura nel nazionale (ANPI) c'è l'elogio a Fini per il comunicato che ha inviato a quel di Bologna dopo che la lapide della carticella è stata imbrattata. Con parole che suonano di ovvietà tipiche del nostra provinciale o nazionale. Il pd prospetta già alleanze con corpi estranei (leggi finiani e udc) pur di riuscire ad entrare al governo; ma dov'è la linea politica?
Ho già espresso, e forse non capito, nel congresso che è inutile difendere la Costituzione questa è già stata massacrata non esiste più. Che cosa si deve difendere? Bisogna ripensare alla Costituzione e voi vedete all'orizzonte un gruppo politico capace di cancellare le leggi che sono nate negli uiltimi 20 anni per ristabilire la dignità della Carta Costituzionale? Io no!
E' inutile parlare di lavoro quando è diventato ufficiale il concordato sul lavoro, che toglie a qualsiasi lavoratore il suo diritto di difesa. Ora il lavoratore non è altro che un valore economico che qualsiasi giudice può stabilire. Ci stanno tutti quanti quantificando e a seconda delle categorie si varrà di più o di meno rispetto ad altri lavoratori.
Mi è arrivata ieri pomeriggio una email di scuola e costituzione che denuncia l'elargimento di 250 milioni di euro alle scuole paritarie, vogliono fare una raccolta di firme. Ma fu proprio un governo di centrosinistra che abolì la differenza tra private e pubbliche. Di cosa ci lamentiamo? E' ovvio che governi come questo finanzino le loro scuole a scapito delle scuole pubbliche.
Chi oggi ha il coraggio di rifare la Costituzione nata dalla Resistenza? E' una frase retorica, abusata ma voi avete o vedete qualcosa di roseo? Io vedo il piatto assoluto. Credo che almeno la nostra sezione, visto da quanto è emerso dal Congresso debba avere il coraggio di dirle queste cose e sottolineo ne abbiamo i mezzi per dirle senza censura di nessuno.

Paolo Corazza

lunedì 15 novembre 2010

Il 31 ottobre scorso la nostra sezione ha tenuto il suo 16° Congresso, che ha visto la partecipazione di un discreto numero di persone i cui interventi hanno portato un contributo di rilievo offrendoci spunti di riflessione sulla nostra attività e sul nostro rapporto con la realtà sociale del territorio. Il tema centrale che abbiamo posto all'attenzione di questo congresso è la comunicazione che riteniamo essere il fulcro attorno al quale si debba muovere l'attività di ogni associazione che abbia tra i suoi obiettivi la promozione culturale e sociale, oltre che, come nel caso dell'ANPI, il dovere di trasmettere una memoria storica. Comunicare la memoria oggi è agire perché si costruisca e ri-costruisca una cultura antifascista, cercando di avere come interlocutori privilegiati le nuove generazioni, a cui bisogna tornare a parlare per dire, oggi, cosa è stato il Ventennio, cosa è stato il nazismo, per spiegare le ragioni della lotta partigiana, valorizzarla e tramandarla attraverso azioni concrete che siano frutto di un progetto profondo di trasformazione sociale, che spinga i giovani a “stare da questa parte”, piuttosto che navigare in un qualunquismo fine a stesso o, peggio ancora, andare a cercare a destra un' “idealità” antiborghese nelle follie dei movimenti neofascisti che prendono piede. Non è più, quindi, il tempo di far soltanto conoscere ciò che è stato, che rimane comunque di primaria importanza perché è soltanto la conoscenza che permette di discriminare e scegliere, ma è necessario fornire, attraverso la comunicazione, strumenti per leggere ed interpretare la realtà di oggi, al fine di contribuire alla formazione, non soltanto nei giovani, di quel senso critico indispensabile per essere soggetti attivi di questa società. Bisogna comunicare che la libertà che la guerra partigiana ci ha restituito sta via via diventando un'illusione di libertà e che i primi a farne le spese sono proprio i giovani: nel momento in cui non si è più in grado di dar loro un'idea di futuro, perché istruzione, cultura, diritti, lavoro sono minati nelle loro fondamenta, li si comincia di fatto a privare della libertà. I pesantissimi tagli alla cultura e alla scuola pubblica, ad esempio, a fronte del ripristino integrale dei fondi per la scuola privata sono un attacco alla libertà e alla democrazia, di cui la cultura è alimento vitale. Va detto ai giovani che un regime non sa cosa farsene della conoscenza, anzi la teme come elemento che contrasta la sottocultura di massa su cui si fonda ogni società autoritaria. Vorremmo lasciare agli storici il compito di far conoscere i fatti che sono accaduti e le dinamiche storiche in cui si inseriscono; l'impegno che invece noi, come antifascisti, ci prendiamo crediamo debba essere quello di comunicare la memoria attualizzandone il significato: ci è chiesto di essere “partigiani” oggi, in una lotta per il lavoro, per l'affermazione dei diritti contro ogni forma di discriminazione e razzismo, per la difesa della scuola pubblica e della laicità dello Stato, per una reale cultura di pace.


“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. (…) Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci.

di Mariangela Mombelli

domenica 14 novembre 2010

MAKE SCHOOL NOT WAR

Inoltriamo la Petizione Online della campagna MAKE SCHOOL NOT WAR! Aiutateci a diffonderla.
http://www.petitiononline.com/msnw/petition.html

Chiediamo di sottoscrivere e diffondere il più possibile la petizione in favore della scuola pubblica, a fronte dell'assurdo aumento della spesa militare, per cancellare i progetti che favoriscono la cooperazione tra scuole e aziende produttrici di armi e i programmi che introducono insegnamenti para-militari paralleli o in alternativa alla scuola pubblica, che non hanno intenzione di finanziare.

COORDINAMENTO DEI COLLETTIVI STUDENTESCHI DI MILANO E PROVINCIA


Testo della petizione


Facciamo appello a tutte e tutti affinche' si esprimano e si mobilitino in favore della scuola pubblica.
A fronte dell'assurdo aumento della spesa militare e della cifra esorbitante che costa alle finanze pubbliche comprare aerei da guerra e bombe, ci raccontano che per tutto il resto non ci sono soldi.
Vogliamo la cancellazione dei progetti faraonici e costosi che favoriscono la cooperazione tra scuole e aziende che producono armi.
Rifiutiamo i pericolosi programmi promossi da Gelmini e La Russa (in particolare Mini-Naja e Allenati per la Vita) che introducono insegnamenti para-militari paralleli o in alternativa alla scuola pubblica che non hanno intenzione di finanziare.

1) TROVARE I SOLDI PER LA SCUOLA TAGLIANDO LA SPESA MILITARE
A fronte di 8 miliardi di euro* tagliati con la finanziaria 133 del 2008 per la scuola, l'Università e la Ricerca, la spesa militare è di 29 miliardi di euro*, con una crescita di 5 miliardi di euro* nell'ultimo anno

2) SCUOLE, ASILI E ASSUNZIONE DEI PRECARI AL POSTO DI F35 E EUROFIGHTER
La spesa di 15 miliardi di euro per gli F35 basterebbe a realizzare 3000 asili nido oppure mettere in sicurezza di 1000 scuole**; i 12 miliardi di euro di spesa per gli EuroFighter sarebbero sufficienti per sostenere 2 anni di stipendio di 182.000 precari della scuola.

3) ABOLIRE LA MINI-NAJA PERCHE'
a) Corsi di addestramento militare diventano validi per il riconoscimento di crediti formativi scolastici.
b) 10.772.720 euro su 20 milioni di spesa*** arriveranno direttamente dai soldi risparmiati nelle scuole.
c) Lo status di militare assoggetta i partecipanti alla Mini-Naja al tribunale e alla giurisdizione militare che prevede reati quali disobbedienza, insubordinazione, manifestazioni o grida sediziose.

4) ANNULLARE IL PROTOCOLLO "ALLENATI PER LA VITA"
Introduce corsi paramilitari paralleli ed equivalenti al programma scolastico.

5) INVESTIRE NEI LABORATORI, NELLE MATERIE DI INDIRIZZO, NELLA RICERCA E NON NELLA COOPERAZIONE CON L'INDUSTRIA DELLA GUERRA
Ad esempio il progetto “Cosmo Skymed”, costa ai contribuenti 1 miliardo e 100 milioni di euro e vede gli studenti coinvolti in ricerche e studi per lo sviluppo delle tecniche militari e spaziali a beneficio di Finmeccanica.

COORDINAMENTO DEI COLLETTIVI STUDENTESCHI DI MILANO E PROVINCIA
Collettivi: Collettivo Itsos Stainer, Collettivo Rebelde Parini, Collettivo Roberto Franceschi Vittorio Veneto, Collettivo Rosa Luxembourg, Collettivo Cardano, Collettivo Majorana-Rho, Collettivo Iskra Manzoni Linguistico, Collettivo Erasmo da Rotterdam Sesto, Collettivo Varalli, Collettivo Gentileschi, Collettivo Primo Levi Bollate, Collettivo Carlo Porta, Collettivo Marie Curie.
Studenti di: Boccioni, Molinari, Ettore Conti, Ferraris, Severi, Besta, Giorgi, Benini Melegnano, Einstein Vimercate, Galileo Galilei, Pacle, Carducci, Dudovich, Vespucci, Capac, Falk Cinisello, Manzoni, Leonardo da Vinci.

mercoledì 10 novembre 2010

Via la Costituzione dalle scuole "Non è una disciplina autonoma"

Il dietrofront in una circolare del ministero: la materia non sarà oggetto di specifica valutazione, come aveva annunciato il ministro Gelmini nell'agosto del 2008
di SALVO INTRAVAIA

ROMA - "Cittadinanza e Costituzione" resta una materia di serie B. Esattamente come è stato per oltre 50 anni con l'Educazione civica, compressa nei programmi di Storia. Eppure il ministro Gelmini era stata chiara: Cittadinanza e Costituzione sarà una materia con una propria dignità e avrà un voto dedicato. Ma la circolare del 28 ottobre la smentisce clamorosamente. "Cambiare tutto per non cambiare niente", per dirla con le parole del principe di Salina nel Gattopardo? O a mettersi di traverso è stata la Lega, che non ha mai visto di buon occhio l'iniziativa del ministro di Leno? Sta di fatto che, nonostante i proclami di inizio legislatura, Cittadinanza e Costituzione non avrà un voto e neppure delle ore di lezione ad essa destinate, la conferma è arrivata poco più di una settimana fa.

Il primo agosto del 2008 il ministro Gelmini annunciava: "Dal prossimo anno scolastico, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, sarà introdotta la disciplina Cittadinanza e Costituzione, che sarà oggetto di specifica valutazione" e per la quale "sono previste 33 ore annuali di insegnamento". La novità in materia di studio della Carta costituzionale e di diritti e doveri dei cittadini arrivava al termine di un movimentato Consiglio dei ministri che approvava il ritorno al voto di condotta e l'introduzione della Carta dello studente. Ma che faceva anche registrare la protesta dei ministri leghisti Bossi e Calderoli che giudicavano come "roba superata, lontana dagli studenti" lo studio dell'Educazione civica.

Adesso, la gattopardiana circolare numero 86, misteriosamente sparita dal sito del ministero subito dopo essere stata pubblicata, pur spiegando che Cittadinanza e Costituzione è "un insegnamento con contenuti propri che devono trovare un tempo dedicato per essere conosciuti e gradualmente approfonditi", precisa che "si colloca nell'ambito del Sé e l'altro nella scuola dell'infanzia, nell'area storico-geografica della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, nell'ambito dell'area storico-geografica e storico-sociale della scuola secondaria" superiore. Non è quindi una materia con un orario ad hoc. E che "tale insegnamento rientra nel monte ore complessivo delle aree e delle discipline indicate". Per poi ammettere che "non è una disciplina autonoma e dunque non ha un voto distinto" e che "la valutazione trova espressione nel complessivo voto delle discipline delle aree storico-geografica e storico-sociale di cui è parte integrante".

Lo studio dell'Educazione civica è stato introdotto nelle scuole superiori nel lontano 1958. Ma già nel 1955 i sussidiari della scuola elementare contenevano elementi di Educazione civica. Poi venne la Moratti che introdusse l'Educazione alla convivenza civile e dopo la collega Gelmini che, tagliando l'orario settimanale, la chiamò Cittadinanza e Costituzione.

Repubblica.it

Lavoro: continuano a smontare la Costituzione

Il 9 novembre è un pessimo giorno per il mondo del lavoro. Esce infatti sulla Gazzetta Ufficiale, e quindi diventa operativo entro 15 giorni, il “collegato lavoro”. Un insieme di leggine e provvedimenti che contorna un attacco brutale ai diritti costituzionali dei lavoratori. I due provvedimenti più nefasti sono la sanatoria, a favore delle imprese sul lavoro precario, e l’introduzione pressoché obbligatoria dell’arbitrato.

La prima misura stabilisce che, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, decadono tutti i diritti accumulati dai lavoratori precari assunti in maniera non conforme alla legge e ai contratti. Mentre per i migranti che hanno pagato migliaia di euro c’è l’imbroglio della sanatoria truffa, pagano e vengono espulsi. Per gli imprenditori che hanno violato la leggi nei confronti dei precari si fa l’esatto contrario. O i lavoratori ricorrono entro 60 giorni oppure perdono per sempre qualsiasi diritto. In questo modo passa il principio aberrante e anticostituzionale che si possono cancellare retroattivamente dei diritti acquisiti.

L’introduzione dell’arbitrato nelle cause di lavoro è una vera e propria privatizzazione della giustizia. Nel momento della massima debolezza contrattuale del lavoratore, cioè all’inizio del rapporto di lavoro, questo viene costretto a sottoscrivere la rinuncia a ricorrere dal giudice per tutelare i propri diritti e l’accettazione di un arbitro privato, per sempre e per ogni motivo.

L’arbitro a sua volta non agirà secondo la legge, ma secondo un più generico e accomodante principio di equità.
Il Presidente della Repubblica aveva rinviato alle Camere il “collegato lavoro”, perché lo riteneva squilibrato a danno dei lavoratori. Senza alcuna modifica sostanziale ora questa legge viene per la seconda volta e definitivamente approvata.

Mentre il palazzo è squassato dalla crisi politica personale di Berlusconi, il lavoro di smantellamento della Costituzione formale e materiale del paese prosegue alacremente. E’ bene inoltre ricordare a tutti i tifosi del patto sociale e delle grandi alleanze antiberlusconiane che questa legge mostruosa è stata approvata in parlamento con i voti dell’Udc ed è stata sostenuta e caldeggiata da Cisl, Uil e Confindustria.

Giorgio Cremaschi

(9 novembre 2010)

micromega

La pensione di Bertolaso

La finestra d'oro del sottosegretario. Aperta da Brunetta

La scorsa settimana Guido Bertolaso, capo del Dipartimento della Protezione civile nonché sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all'emergenza rifiuti in Campania, ha annunciato il suo imminente pensionamento. Omaggi, sberleffi, critiche, bilanci. E una domanda: come fa Bertolaso ad andare in pensione a soli 61 anni? La finestra per il buen retiro gliel'ha aperta Brunetta, con il suo decreto del 2008 che permette ai dipendenti della pubblica amministrazione di essere “esonerati dal servizio nel quinquennio antecedente la data di maturazione dell'età massima contributiva di quarant'anni”. Lo stesso decreto 8art. 72) detta poi le condizioni dell'esonero. E sono condizioni assai vantaggiose per il nostro. Infatti si stabilisce che finché non matura il diritto alla pensione – a 65 anni – il dipendente esonerato prenderà il 50% dello stipendio che aveva al momento di lasciare; ma la percentuale sale al 70% nel caso in cui si svolga attività di volontariato (cosa che il generoso Bertolaso ha già annunciato pubblicamente di voler fare, del resto è già nel ramo). Nello stesso periodo, sempre ex art. 72, il nostro potrà anche svolgere attività di lavoro autonomo retribuito per chi vuole. Ma il vero vantaggio del pensionamento arriva dopo: quando la legge stabilisce che, al momento del compimento dell'età giusta, la pensione sarà calcolata “come se fosse rimasto in servizio”. Cioè, come se fosse ancora Capo dipartimento (euro 179.723 annui) e sottosegretario (retribuzione parificata a quella di un parlamentare). Anche se nel frattempo saranno cambiati – speriamo – governo e parlamento. Dunque grazie alla legge Brunetta, Guido Bertolaso, congela il tempo, e il magico momento che ha vissuto cumulando le due cariche. Momento magico che, dato il contesto politico, non sarebbe comunque durato a lungo. Chapeau.

di Roberta Carlini

Fonte sbilanciamoci.info

lunedì 8 novembre 2010

APPELLO CONTRO LA CHIUSURA DEL MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE DI VIA TASSO A ROMA

Ricevendo il premio “Sasso per la Pace”, il presidente Parisella annuncia:
«DAL 2 GENNAIO QUASI CERTA, PER MOTIVI DI BILANCIO,
LA CHIUSURA DEL MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE»

«Nel momento in cui – insieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed al generale Vittorio Barbato e al commissariato alle onoranze ai caduti del Ministero della Difesa – il Museo storico della Liberazione viene onorato con l’assegnazione dell’importante riconoscimento del Premio “Sasso della Montagna della Pace”, debbo dare a tutti voi, per la prima volta pubblicamente, una notizia meno lieta che mai avrei voluto dare: è ormai molto probabile – o quasi certo – che il 2 gennaio il Museo possa non aprire i battenti e che venga commissariato». Queste parole, pronunciate dal presidente del Museo prof. Antonio Parisella, hanno lasciato nello stupore e nel disappunto le autorità e i circa 350 cittadini di Cervara (Roma) che avevano affollato la chiesa della Visitazione per partecipare all’iniziativa della consegna dei premi promossa dal Comune di Cervara. «Con gli amministratori del Museo – ha poi dichiarato il presidente Antonio Parisella – abbiamo tenuto un’apposita riunione nella quale, sulla base di una recente corrispondenza, abbiamo dovuto constatare che il Ministero per i beni e le attività culturali non ha operato, forse, il previsto taglio del 15% del contributo annuale di € 50.000,00 previsto dalla legge istitutiva per il funzionamento del Museo, ma poi ci ha finora assegnato per il 2010 – un esercizio finanziario che sta per concludersi –soltanto un terzo di quanto dovuto e g li uffici non sono in grado di confermarci né se saranno in grado di accreditarci il resto entro l’anno in corso né su quale entrata certa il Museo potrà contare per il 2011. Neppure ci sono venute in aiuto con i loro contributi – nonostante ripetute dichiarazioni alla stampa – le amministrazioni locali, Regione Lazio, Comune, Provincia e Camera di Commercio di Roma, alle quali, secondo le indicazioni della legge istitutiva, ci eravamo rivolti fin dal maggio scorso, perché concorressero con lo Stato a garantire il raggiungimento degli scopi istituzionali del Museo».
Questa prospettiva decisamente nera coglie il Museo in un momento di particolare e incoraggiante ripresa della sua attività: un numero alto di prenotazioni di visite nei prossimi mesi da parte non solo di scuole di Roma e del Lazio, ma anche di associazioni e gruppi italiani e non; compagnie e associazioni di giovani attori e attrici che chiedono gli spazi del Museo per le loro rappresentazioni; l’archivio, la biblioteca e la mediateca si arricchiscono con donazioni di fondi librari e archivistici e con raccolte e collezioni di cimeli, oggetti d’arte, fotografie; associazioni e istituzioni di cultura chiedono di programmare iniziative comuni; corsi di laurea, di master e di dottorato chiedono di poter inviare allievi per tirocini; ecc… Soprattutto, il Museo sta per concludere un progetto, portato a termine grazie alla collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), per la o salvaguardia digitale del materiale documentario esposto nelle bacheche (dal 1955 !) ed ha avviato, in collaborazione con l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, la digitalizzazione dell’archivio audiovisivo. E, proprio il ritrovamento al suo interno di una copia registrata integrale dell’opera-capolavoro di Sergio Zavoli “Nascita di una dittatura”, prodotta dalla RAI, aveva motivato la programmazione di un corso sull’avvento del fascismo con intervento di specialisti di cinque Università italiane. Inoltre, il Museo – in collaborazione con l’Associazione Italo Greca-Fondazione Mediterraneo per il Museo di Cefalonia – ha in programma una mostra artistica-documentaria sulla strage dei militari italiani della Marina e della Divisione Acqui. Infine, il Museo – insieme alla Casa della Memoria del Campo di concentramento di Servigliano (Fermo) – è stato chiamato a rappresentare l’Italia nel seminario internazionale di storia comparata su “lotta non armata e Resistenza civile in Europa”, che si terrà a Dieulefit (Francia) dal 26 al 28 novembre in collaborazione con il CNRS francese e con l’Università di Lyon.

ABBIAMO ANCORA BISOGNO DI VOI !

A tutto il 25 ottobre sono giunti 93 versamenti per complessivi 7.891,00 €.
I sottoscrittori sono, però, oltre 300 perché alcuni versamenti sono il risultato di sottoscrizioni e collette. Si segnalano particolarmente quelle di ANPI Esquilino don Pietro Pappagallo (1000 €) e quella di Anpi Istituto superiore di Sanità (1100 €) . Anche ANPI Valle Aurelia e ANPI Via dei Giubbonari hanno fatto sottoscrizioni. Le circa 60 persone che il 7 novembre hanno assistito a “Sottoassedio” hanno sottoscritto 180 €. Non disegniamo la geografia provinciale delle provenienze, perché ve ne sono di ogni regione, di grandi città come di piccoli comuni. In ottobre – avendo allentato la pressione – sono giunti solo versamenti effettuati in settembre.
Siamo grati a tutti/e coloro che hanno sottoscritto e grazie ad essi/e riusciamo ad andare avanti.

OGGI RILANCIAMO L’APPELLO CON GRAVITÀ.

Agnese Ginocchio, la cantautrice della Pace, scrive: "ki perde la corsa nn è ki arriva x ultimo..bensì ki resta seduto a guardare ke le cose cambino da se. Fai la tua parte, dai il tuo contributo e sii educatore responsabile. Non aspettare ke le cose cambino da se, ma inizia tu x primo a dare l'esempio. Sii tu quel cambiamento ke vorresti vedere nel mondo. Cogli l'attimo..Occorre un' altra cultura: la PACE. L'uomo o sarà costruttore di Pace o nn sarà uomo.. "(By: A.G*)

Noi verseremo il 15% di quanto raccolto all’Associazione Italo Greca per il Museo di Cefalonia, perché non possiamo ignorare chi sta peggio di noi e, forse, lavora meglio di noi.

SOTTOSCRIZIONE.
ccp 51520005 Intestato a: Museo storico della Liberazione, via Tasso 145 00185 Roma
Causale CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA'.

Potete usare anche il bonifico, IBAN IT 39 T 07601 03200 0000515200051

info@museoliberazione.it

La Carta offesa a Predappio

Domenica 31 ottobre, nella ridente cittadina di Predappio, qualche migliaio (ma i numeri hanno poca importanza) di individui hanno offeso pubblicamente la Costituzione rendendosi apertamente responsabili del reato di apologia del fascismo ai sensi della legge n. 645 del 1952, nota anche come legge Scelba (democristiano, è bene ricordarlo, non un fazioso comunista). Mi riferisco al raduno per celebrare la marcia su Roma che, a detta dei fascisti, portò Mussolini al governo (ma è una solenne cretinata perché Mussolini andò al governo chiamato da quel delinquente del re), e segnò l’inizio del regime che ha regalato all’Italia ventuno anni di totalitarismo, guerre coloniali combattute con crudeltà bestiale, una guerra mondiale e una guerra civile.

Che un evento del genere insulti la coscienza di chiunque abbia ancora un minimo di intelligenza e di sensibilità morale non dovrebbe essere difficile da capire, visto che il fascismo è nato e vissuto per offendere in ogni modo la dignità della persona umana, imponendo il silenzio, uccidendo a freddo, torturando, imprigionando, condannando al confino. Ed è del pari facile capire perché oltraggia la Costituzione dato che tutta la nostra Carta fondamentale è antifascista e contiene una norma finale, la XII , dove si legge: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Che poi ci siano gli estremi di reato (con relative pene e multe, allora in lire) lo afferma la legge in questione.

Art. 1: “Riorganizzazione del disciolto partito fascista. Ai fini della XII disposizione si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. Art. 4: “Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, indicate nell’articolo 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni”. Art. 5: “Manifestazioni fasciste. Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da 400.000 a 1.000.000 di lire”.

Se, come è molto probabile, visti i precedenti, i partecipanti all’oscena parata di Predappio si sono resi responsabili dei reati così bene descritti mi pare evidente che devono essere perseguiti ai sensi della legge. E se la polizia e i carabinieri avessero ravvisato la volontà manifesta di delinquere non avrebbero dovuto vietare la manifestazione? Se non sbaglio, mi corregga Travaglio, vige in Italia l’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 della Costituzione). E dunque le autorità preposte non si assumono, tollerando, una pesante responsabilità?

Ma prima della responsabilità penale c’è quella morale e c’è quella politica. La prima impone ad ogni essere umano (cittadino o non cittadino) di alzare una ferma, civile, pacata voce di protesta (e i cattolici e la Chiesa, taceranno anche questa volta di fronte a gente che offende la coscienza cristiana?). La seconda impone alle autorità politiche, a cominciare dai sindaci di Romagna, dal presidente della Provincia e dal presidente della Regione di esprimere almeno la più severa condanna e di invitare la magistratura ad intervenire. La legge, sarebbe ora di capirlo, va difesa sempre, contro tutte le violazioni. Solo in questo modo la lotta per la legalità acquista forza e credibilità.

La vicenda di Predappio, offre, per fortuna, anche una bella occasione. La vedova di uno dei figli ha minacciato di far traslare le ceneri di Mussolini da Predappio a Roma. Se fossi di Predappio accoglierei la proposta con entusiasmo e farei di più e meglio. Mi attiverei affinché le ceneri di Mussolini siano disperse in mare, fuori dalle acque territoriali italiane, come hanno fatto in Israele con le ceneri di Eichmann.

Questo sarebbe vero atto di pietà per chi ha perso la vita e ha sofferto per colpa di quel criminale di Benito Mussolini e un dovuto atto di rispetto per l’Italia, che per il fascismo e del fascismo dovrà sempre e solo vergognarsi.

Maurizio Viroli

da il Fatto Quotidiano del 6 novembre 2010

mercoledì 3 novembre 2010

“CIBO E RESISTENZA – La fame dei partigiani”

Castel Maggiore 24, 25, 26 settembre 2010

Sono stato incaricato di intervenire alla manifestazione sopra titolata, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Castelmaggiore, per i giorni 24, 25 e 26 settembre 2010 nella sala-teatro Biagi-D’Antona, con la collaborazione di A.N.P.I, Associazioni Circoli Istruzioni Campagne Teatrali, fra le quali quella dell’Istituto di istruzione superiore Keynes.
Il vasto programma delle manifestazioni, che costituivano il “Festival del cibo e della letteratura” prevedeva la partecipazione di persone rappresentanti delle istituzioni, di scrittori e di esperti di alimenti e di cucina.
L'argomento che è stato l'oggetto del mio intervento si è svolto nella citata sala-teatro alle ore 17 di sabato 25/09/10 sotto il titolo di “CIBO E RESISTENZA-La fame dei Partigiani”.
Con l'assistenza del Presidente dell'A.N.P.I. Gabriele Molinari e della Segretaria dell'Associazione Mariangela Mombelli, sono stato affidato al giovane universitario Marco”, il quale aveva l'incarico di presentarmi al pubblico nonché alle ragazze e ai ragazzi dell'Istituto Keynes, che mi avrebbero rivolto le domande sull'argomento. Prima però gli studenti e le studentesse dello stesso Istituto, della Compagnia Teatrale hanno recitato brani tratti da opere di Calvino e dell'Agnese va a morire” di Renata Viganò. I giovani e le giovani hanno altresì cantato pezzi di musica leggera, in “coro” e in “trio”, nonché inni alla Resistenza Partigiana: la finale “Bella ciao” è stata cantata anche da molte delle persone presenti.
A questo punto Marco ed io siamo saliti sul palcoscenico dove ciascuno degli otto giovani - Andrea, Federico, Frida, Giulia, Luca, Mycol, Monica e Valentina - , mi ha rivolto una domanda sulla difficile esistenza dei Partigiani e della popolazione sulle montagne più alte dell'Appennino Tosco-Emiliano – dove ho vissuto durante seconda guerra mondiale – con particolare riguardo al problema dell'alimentazione, sempre assai carente.
Ho risposto di volta in volta raccontando situazioni vissute, che ancora mi emozionano e mostrando – anche al pubblico – un disegno a matita sulla preparazione dei “NECCI” - castagnacci cotti fra due pietre -, con i mezzi e degli strumenti allora in uso.
Ho ringraziato delle domande assai pertinenti che mi hanno facilitato le risposte. Il pubblico presente sembra aver gradito l'episodio: particolare apprezzamento mi hanno dimostrato il Preside del “Keynes”, prof. Spadaro, soddisfatto di aver collaborato come in altre circostanze, nonché l'Insegnate elementare, sig.ra Marisita, che ha auspicato la possibilità di una mia visita alla sua classe per parlare della Resistenza.
Ovviamente, come in altre circostanze a nome dell'A.N.P.I., mi sono dichiarato disponibile.
Ho inoltre ricevuto da diverse persone del pubblico frasi di incoraggiamento a continuare a parlare di vita nella nostra Resistenza.
GIANNI


Sabato 25 ottobre 2010.
Manifestazione “MANGIARLIBRI, il ristorante della mente” – Sala teatro “Biagio D’Antona”, Castel Maggiore.

Abolizione del reato di banda armata a fini politici

Abolizione del reato di banda armata a fini politici.
E’diventata lecita la costituzione delle Brigate Rosse? Appello al Parlamento e alla libera stampa


Dal 9 ottobre 2010 e' stato eliminato dall'ordinamento italiano il reato di banda armata a scopi politici.
Il fatto e' passato nell'indifferenza pressocche' generale, fatta eccezione per quanti hanno contestato la norma abrogativa (azionata dal Ministro Calderoli, noto "taglialeggi" della Repubblica) in quanto consentira' a 36 leghisti "camice verdi"di essere prosciolti in quel di Verona.
Si e' parlato di legge "ad legam" e poco piu', omettendosi di considerarequestioni ben piu' importanti e anche determinanti per l'ordine
costituzionale democratico.
Ammoniva Costantino Mortati che scopo del divieto posto dall'art.18 della Costituzione, concernente "le associazioni che perseguono, anche
indirettamente, un fine politico mediante un'organizzazione a carattere militare" va individuato "nella necessita' di eliminare tutti i fattori
di turbamento dell'attivita' politica e in particolare di quelli che "tendono a sostituire alla suggestione delle idee quella della forza".
Tale e' sicuramente l'effetto prodotto dalle associazioni paramilitari le quali, imponendo agli aderenti un regime di cieca obbedienza, soffocano
il libero dibattito e, inoltre, per la loro struttura e le loro caratteristiche esteriori, esercitano un'indubbia azione intimidatoria su tutti i consociati.
Il principio dell'art. 18 della Carta costituzionale ( "Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi
politici mediante organizzazioni di carattere militare") ha trovato attuazione,secondo l'indirizzo dell'Assemblea Costituente, con il decreto
legislativo n.43 del 14 febbraio 1948 che ha fissato i connotati dell'associazione militare nell'"inquadramento degli associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina e ordinamento gerarchico interno analoghi a quelli militari,con l'eventuale adozione di gradi o uniformi, e con organizzazione atta anche all'impiego collettivo in azioni di violenza o minaccia".
Il divieto, rimosso dal "taglialeggi" opera sulla base della mera idoneita' dell'associazione a turbare i normali canali di formazione delle convinzioni
politiche dei cittadini e non richiedeva necessariamente anche il ricorso al conflitto armato come strumento di lotta politica, che ricade nelle diverse figure criminose della banda armata e dell'associazione con finalita' di terrorismo e di eversione: cio' in quanto il divieto e' funzionale all'eliminazione dello stato di minaccia collettiva che si determina per il mero costituirsi di organizzazioni militari, in spregio al principio sacro di ogni democrazia, per il quale il monopolio dell'uso della forza appartiene alla Stato.
Dal 9 ottobre non e' piu' cosi': e' abrogato il decreto del 48 che, pedissequamente e anche letteralmente trascrivendo la norma di principio costituzionale, sanzionava "chiunque promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni di carattere militare le quali perseguono, anche indirettamente, scopi politici".
E' dunque divenuta lecita la costituzione delle Brigate Rosse? O di "Ordine Nuovo"?
Commentando il fatto, il Ministro della Difesa, struttura che verrebbe certamente vulnerata dalla norma abrogatrice, aveva affermato che si
Trattava di un "refuso", al quale sarebbe stato posto rimedio con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di avviso di rettifica.
Ma la Gazzetta Ufficiale del 7 settembre 2010 non ha rettificato nulla.
Se i nostri Parlamentari ci facessero il piacere di occuparsene urgentemente,sarebbe il mezzo per ripristinare il principio costituzionale - art 1 - della sovranita' popolare che si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, in primis garantendo che la competizione politica si svolga pacificamente.

La preoccupazione del mondo partigiano, che si trovo' a combattere contro un regime che utilizzo' lo squadrismo politico per affermarsi, in tal modo
distruggendo la democrazia, e' grande.
Nasce da qui un appello al Parlamento, al "libero" Parlamento repubblicano per l’immediato ripristino della norma sanzionatrice abrogata: per la salvezza dello Stato democratico di diritto.
"Svegliatevi, dormienti !"

Antonio Caputo

F.I.A.P.
Federazione italiana Associazioni Partigiane
Comitato provinciale e regionale – Torino e Piemonte
Ente morale –D.P.R. 20.11.1963

Anche Bologna accoglie l'appello della Rete Nazionale Disarmiamoli ! PRESIDIO SABATO 6/11/2010

Dall'Afghanistan all'Italia, basta con le politiche di guerra!

Riprendiamo l'iniziativa contro le basi sul nostro territorio e contro le missioni miliari italiane all'estero

Sabato 6 novembre 2010 dalle 9 alle 12 siamo in Piazza Re Enzo

Per dire alla città che la sensibilità antimilitarista è ancora viva, e che occorre continuare le lotte contro le spese militari, contro il rilancio dell'industria bellica, contro la realizzazione di nuove basi e l'ampliamento di quelle esistenti, per il ritiro dei militari italiani all'estero per missioni di conquista neocoloniale mascherate da missioni di pace, per la promozione di autentiche politiche di
pace ed equità tra i popoli, e per restituire alle politiche sociali le risorse sottratte dalle spese militari

Per questi motivi pensiamo che la mobilitazione contro la guerra debba essere rilanciata ed approfondita a livello nazionale, in uno scenario in cui i cadaveri dei nostri soldati continuano a rientrare dall'Afghanistan, come prima rientravano dall'Iraq o da altri contesti, mentre i mass-media complici nascondono all'opinione pubblica immagini e notizie degli uccisi per mano italiana e della NATO su quelle terre.
Pensiamo che Bologna non possa "chiamarsi fuori" da questa mobilitazione anche se la presenza militare sul territorio cittadino appare in diminuzione - come sembra viste le numerose ed estese servitù militari in stato di abbandono, attorno alle quali già si scatenano gli appetiti della speculazione edilizia privata - in realtà l'intera Emilia Romagna è una regione chiave dal punto di vista delle attività militari, e questo non può essere tollerato. Industrie e cooperative della regione - incluse coop considerate "rosse" come la CMC di Ravenna - svolgono un ruolo vergognoso nella realizzazione di strutture e strumenti di guerra fuori regione, incluse le basi di Vicenza e della Sicilia. Fare la guerra all'estero ha una sola precisa conseguenza per i lavoratori italiani: la delocalizzazione delle imprese nei paesi "conquistati" e l'abbattimento dei salari e dei diritti dei lavoratori del nostro paese. Si pensi alla FIAT e alla OMSA, che si
trasferiscono in Serbia, dopo che quel paese è stato da noi bombardato e soggiogato politicamente ed economicamente. E fare il soldato non è un mestiere come gli altri, e non può essere considerato come un'alternativa alla disoccupazione ed alla precarietà generata dalla crisi
profonda del sistema capitalista occidentale. Analogamente l'addestramento militare non può diventare "materia di studio" da introdurre nella scuola, proprio mentre i finanziamenti all'istruzione e alla ricerca sono tagliati, e il livello culturale della popolazione italiana è soggetto ad un drammatico calo, a causa di politiche mirate all'imbarbarimento dei rapporti sociali, all'impoverimento non solo economico delle classi subalterne ed all'annullamento del dissenso.
In prospettiva, come nodo bolognese della Rete Disarmiamoli, auspichiamo la costituzione di un Coordinamento Cittadino per il ritiro delle truppe italiane all'estero, che si dia come obiettivi prioritari ed urgenti:

. Il ritiro delle truppe dall'Afghanistan
. Lo stop a tutti i progetti di nuove basi militari su territorio italiano e all'ampliamento di quelle esistenti
. Il taglio delle spese militari e la restituzione dei fondi alle politiche sociali: istruzione, sanità, pensioni, lavoro

Rete Disarmiamoli Bologna