mercoledì 21 luglio 2010

Art. 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni

Ferrara 20 luglio E’ MORTO MASSIMO GNANI DI 53 ANNI E ALTRI DUE SONO RIMASTI GRAVEMENTE FERITI. Sonio dipendenti della provincia di Ferrara. Stavano riparando il manto stradale e la segnaletica sulla provinciale 54 Codigoro – Pomposa, alle porte di Pontemaodino. La tragedia verso le 11 del mattino. Massimo si trovava su un 'tre ruote' con Giuseppe Milone, 59 anni. Stavano tracciando la linea stradale laterale, quando il piccolo mezzo è stato investito dall'autocarro ed è stato sbalzato nella scarpata. Gnani è morto sul colpo. Milone è stato trasportato all'ospedale Sant'Anna di Ferrara. Il terzo operaio, Massimo Santi, 45 anni, di Consandolo, che lavorava sul tiralinee, ha riportato l'amputazione delle gambe ed è stato trasportato con l'elisoccorso all'ospedale Maggiore di Bologna. La circolazione sulla provinciale e’ rimasta bloccata per alcune ore. Per i rilievi, è intervenuta la Polstrada di Codigoro con i vigili del fuoco e il 118.

Napoli E’ morto Giuseppe della Donna un operaio 54enne. Giuseppe è rimasto vittima di un incidente sul lavoro poche ore fa. L'uomo, impiegato presso una ditta edile, era su una impalcatura quando, per motivi da accertare, è caduto, da un’altezza di otto metri che non gli ha lasciato scampo. Sul posto gli agenti del commissariato di Lauro ed una ambulanza dell'ospedale di Nola. Delle Donne è morto sul colpo.

Matera E’ morto Pietro Rocco Panio agricoltore di 43 anni. Pietro Rocco è morto schiacciato dalla macchina imballatrice.

Brescia 13 luglio E’ morto un agricoltore di 58 anni schiacciato dal trattore che guidava

Siracusa E’ morto Emanuele Faraci di 64 anni. Emanuele è morto nella tarda mattinata dopo essere caduto all'interno di un pozzo profondo una quindicina di metri, nel quale stava lavorando probabilmente per verificarne un impianto. Il fatto si è verificato nella zona di contrada Isola, a pochi km dalla città aretusea. Per estrarre dal pozzo il corpo ormai privo di vita di Faraci sono dovute intervenire le unità Saf, il servizio alpino-fluviale dei vigili del fuoco del Comando provinciale di Siracusa. Secondo quanto emerso dalla prima ricostruzione Emanuele stava lavorando in un pozzo che si trova all'interno di un locale annesso ad una cascina in un fondo coltivato quando, per cause ancora da accertare, è precipitato all'interno della profonda cavità. A nulla è valso il primissimo tentativo di un figlio della vittima di calarsi all'interno del pozzo per soccorrere il padre. Scattato l'allarme, sul posto sono giunte le unità Saf dei vigili del fuoco ma per l'uomo non c'era più nulla da fare. Sul posto anche le volanti della polizia che hanno avviato gli accertamenti.

FIRENZE E’ MORTO LEO PALANDRI un elettricista di 59 anni. Leo ha perso la vita in un incidente sul lavoro avvenuto a Ponte a Cappiano, frazione del comune di Fucecchio (Firenze), intorno alle 12.30. Secondo una prima ricostruzione Palandri sarebbe stato ucciso da una scarica elettrica. L'infortunio mortale è avvenuto all'interno di un calzaturificio - scatolificio che si trova in viale Colombo, il River Group. Sul posto la centrale operativa del 118 ha inviato un'automedica e l'elisoccorso Pegaso che, però, una volta atterrato è ripartito dopo aver constatato il decesso dell'uomo. Intervenuti anche i carabinieri e i vigili del fuoco di Empoli che, per poter lavorare in sicurezza all'interno della cabina elettrica dell'azienda dove si trovava il corpo della vittima, hanno allertato l'Enel che subito ha staccato l'energia e permesso così ai pompieri di effettuare le operazioni di recupero della salma. Sono intervenuti anche i tecnici di sicurezza e prevenzione dell' Asl 11 di Empoli. L'incidente è avvenuto all'interno di una cabina privata di media tensione di proprietà dell'azienda River Group, che si trova a fianco a quella dell'ente erogatore.

caduti sul lavoro

L'ultimo colpo alla memoria: Via Tasso a rischio per 50mila euro

di Luciana Ciminotutti

C’è una piccola strada il cui solo nome, nella Capitale occupata dai nazisti, a pronunciarlo alle donne di Roma (madri, mogli, sorelle, che aspettavano con il cambio in mano sotto le finestre murate pregando che fosse loro restituito) metteva i brividi. Perché al numero 145 di via Tasso si trovava il carcere delle SS di Herbert Kappler. Oggi in quella via che porta dritta alla Basilica di San Giovanni, si respira di nuovo un’aria oscurantista, perché il Museo della Liberazione che è sorto all’interno di quelle stesse mura dagli anni 50 è a rischio chiusura, con tutto il suo patrimonio di memoria.

Hanno attraversato quel portone 2500 persone in 9 mesi, tra il ’43 e il ‘44. I cosiddetti prigionieri politici: comunisti, sindacalisti, badogliani. Interrogati violentemente fino alla tortura e rimandati nelle strette celle sanguinanti e piegati dal dolori affinché i compagni di sventura potessero vederli e fossero loro di monito. Tra quelle mura sono stati detenuti l'ex-presidente della Corte Costituzionale Giuliano Vassalli, il sindacalista Bruno Buozzi, l’italianista Carlo Salinari, il sacerdote don Pietro Pappagallo (che ispirò a Roberto Rossellini il personaggio interpretato da Aldo Fabrizi nel film “Roma Città Aperta”), il colonnello Giuseppe Montezemolo e tanti altri sconosciuti partigiani e cittadini, tra cui oltre 300 donne, che hanno lasciato sulle pareti delle celle i segni graffiati della loro resistenza: avvertimenti, firme, messaggi di incoraggiamento per i compagni, notizie ai famigliari.

Dal 1955 i locali di via Tasso sono diventati il “Museo Storico della Liberazione”, visitato ogni giorno da decine di scolaresche. Alle pareti documenti e profili dei caduti per la libertà. Ora però tutto questo corposo patrimonio di memoria, che ricorda che Roma è una città antifascista, capitale di uno stato la cui Costituzione si fonda sui valori scaturiti dalla Resistenza, ebbene tutto questo rischia di chiudere. «Il Museo compariva fin nei primi comunicati ufficiali ministeriali sui tagli finanziari – dice Antonio Parisella, presidente – anche se ancora non c’è arrivata nessuna comunicazione al riguardo». La situazione è grave e Parisella la sintetizza così: «Se il governo ci taglia i fondi, c’è il rischio che dopo la chiusura estiva non riapriamo, se non ce li taglia, riusciremo ad andare avanti fino a febbraio o marzo».

Il museo si regge su un finanziamento statale del valore nominale di 100 milioni di lire del 2000, e cioè 50 mila euro, che, in base ad una legge del ‘57 dovrebbero garantire il funzionamento dell’istituto, che, è bene ricordarlo, si basa sul lavoro volontario. E nel frattempo il potere d’acquisto si è dimezzato e le spese sono cresciute perché sono stati acquisiti altri due appartamenti dello stabile e perché i visitatori sono aumentati nell’ultimo decennio da 7/8 mila a 12/13 mila unità. Inutile in questo contesto aspettarsi installazioni multimediali o finanche revisione dell’impianto elettrico. «Abbiamo un impianto audio-video obsoleto, i muri andrebbero ritinteggiati, non possiamo aumentare le ore di apertura d’inverno per non far lievitare i costi di energia elettrica, i volantini li autoproduciamo con le fotocopie, abbiamo esigenza di produrre materiali informativi in lingua straniera: siamo sulle guide ma poi i turisti vengono qui e hanno pochi strumenti per la visita».

Tutto è fermo all’allestimento del ‘55, basato sul modello “sacrario militare”. «Vorremmo togliere i quadretti e mettere i pc – continua Parisella - senza togliere nulla al valore etico e civile del posto, ma ci vuole una scelta politica di investire sul Museo, non solo centrale ma anche delle amministrazioni locali per adeguarlo agli standard degli analoghi delle capitali europee». Già, gli enti locali. Il presidente del museo ha scritto a maggio una lettera indirizzata al sindaco Gianni Alemanno, al presidente della Provincia di Roma, Zingaretti e a Renata Polverini, presidente della Regione Lazio e ad Andrea Mondello, presidente della Camera di commercio. Chiedeva loro di accordarsi per integrare il contributo statale per garantire la gestione ordinaria dei servizi e di chiedere alle società partecipate di quegli enti che invece contribuissero per le spese straordinarie (come le audio guide, adesso a far da guida alle scolaresche ci pensano insegnanti in pensione). Finora nessuna risposta ufficiale, solo qualche disponibilità espressa oralmente.

«La Cgil il 25 aprile ci ha inviato 500 euro e anche associazioni, gruppi, circoli Anpi ogni tanto ci fanno giungere contributi significativi, anche se modesti. Ma per andare avanti abbiamo bisogno di un flusso abbastanza continuo anche dei contributi di cittadini e società civile: lo sviluppo sarà in mano loro». Per questo hanno lanciato un appello su Facebook: «La solidarietà è tantissima, ma i versamenti finora sono pochi, anche se per creare – dice ancora Parisella – un atteggiamento di disponibilità a partecipare al finanziamento del Museo serve un po’ di tempo». Museo che, tra l’altro, è stato vittima di un attentato dinamitardo di stampo antisemita nel 99 ed è spesso oggetto di scritte naziste, le ultime il 27 gennaio 2010, «vederlo chiuso farebbe piacere a molti».

unità.it

giovedì 15 luglio 2010

Art. 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni

MORTO RICCARDO SPADARO A SOLO 20 ANNI.
Riccardo è stato trovato ieri sera dai colleghi. Da un mese e mezzo lavorava come addetto alla manutenzione della piscina con un contratto stagionale. Lavorava con passione e ieri pomeriggio i colleghi lo avevano visto sereno come sempre. Tra le ipotesi un malore o una caduta accidentale.
Forlì-Cesena E' morta Ferdinanda Procucci di 57 anni.
Ferdinanda h perso la vita dopo esser stata investita da un mezzo pesante.. Nell'affrontare una manovra di retromarcia, un mezzo pesante avrebbe travolto l'operaia uccidendola sul colpo.
FORLI'-CESENA e' MORTO UBERTO CATAPANO DOPO ESSERE STATO INVESTITO DA UNA GIGANTESCA BOBINA D'ACCIAIO CHE SI E' SGANCIATA DAL RIMORCHIO DI UN TIR. SCHIACCIANO UNA FIAT DOBLO' CONDOTTA DA CATAPANO. ARTIGIANO DI 44 ANNI. CATAPANO trasportato immediatamente al Maggiore di Lodi, ha riportato traumi gravissimi, che ne hanno tragicamente segnato la morte. I due veicoli procedevano in senso opposto, quando in curva, per motivi ancora in fase d'accertamento, il pesante carico del tir è uscito dai legacci in fibra del rimorchio investendo in pieno l'abitacolo dell'auto di Catapano che gli stava passando affianco..
Pesaro Urbino. E' MORTO MARCO PELLICCIA UN MURATORE DI 40 ANNI.
Marco è morto per le ferite riportate cadendo dal tetto di un capannone industriale a Orciano (Pesaro Urbino), durante lavori per la rimozione di pannelli di eternit. Ancora da chiarire la dinamica dell'infortunio, su cui sono in corso accertamenti dei carabinieri e degli ispettori dell'Asur.L'uomo, sposato e padre di due figli piccoli, è stato subito soccorso e trasportato nell'ospedale di Ancona, dove però è deceduto. Marco Pelliccia, oltre alla sua bambina e al suo maschietto, lascia la compagna Sherley, il babbo Livio, la mamma Luciana, il fratello Arnaldo e le sorelle Rosaria e Lorella. I Carabinieri di Mondavio, in attesa di ulteriori disposizioni dal magistrato di turno, hanno posto sotto sequestro lo stabilimento in cui si è verificata la tragedia.
caduti sul lavoro

Appello delle Sezioni di Pianoro, Castel Maggiore, Bentivoglio

ERITREI LIBERI SUBITO

Noi donne e uomini liberi che si riconoscono nei valori della Costituzione della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza alla barbarie Nazifascista affermiamo che la questione dei cittadini eritrei portati manu militari nel sud della Libia a e sottoposti a maltrattamenti e a torture di ogni tipo parla alle nostre coscienze, ci interroga da vicino ed esige risposte appropriate da parte dello Stato Italiano.


Buona parte di loro fanno parte di coloro che nei mesi scorsi sono stati intercettati nel canale di Sicilia e rimandati indietro dalla nostra marina militare. Sono le vittime dei cosiddetti respingimenti, in perfetta violazione del diritto internazionale,della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dell’art. 10 della Costituzione della Repubblica Italiana che recita “lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalle legge.”, sempreché sul territorio gli sia permesso di arrivare.


Oggi, anche grazie ai nostri pertanto illegali respingimenti, tra l’altro documentati, quei giovani rischiano di essere rimandati in patria, dove la brutale dittatura di Isaias Afewerki prevede il servizio militare di durata illimitata e una pena severissima per chi abbandona senza permesso il territorio nazionale. Chiedono di essere reinsediati in un paese terzo che riconosca il loro stato di richiedenti asilo, uno status che in Libia, che non ha firmato la Convenzione di Ginevra, semplicemente non esiste.


Ai 205 Eritrei è stato proposto un accordo-farsa: liberazione in cambio di identificazione e lavori socialmente utili in Libia. Ma l’identificazione rende questi giovani, e le loro madri, mogli, sorelle rimaste in patria, ricattabili a vita. Lo stesso accordo di integrazione proposto lega a tempo indeterminato gli eritrei alla comune di lavoro alla quale verrebbero assegnati ed impedisce loro qualsiasi futuro riconoscimento dello stato di rifugiato perché una volta qualificati come “migranti economici”, e dopo avere chiesto “protezione”, attraverso la richiesta dei documenti identificativi alla loro rappresentanza diplomatica in Libia, potrebbe ritenersi venuta meno la ragione per riconoscere loro, anche da parte dell’UNHCR, lo status di protezione internazionale.


Siamo dunque al cospetto di una riedizione nazista in versione Libica del famigerato “ARBEIT MACHT FREI”? Che vorrebbe riconoscere quindi agli eritrei la libertà di lavorare come schiavi in uno dei campi di lavoro socialmente utile, affidati alla rigida organizzazione dei tanti gerarchi libici e che la Libia esibisce con orgoglio per dimostrare il carattere socialista del suo regime?


I ragazzi eritrei resistono e non hanno accettato questo accordo perché non sono immigrati irregolari in attesa di regolarizzazione, ma richiedenti asilo che vogliono veder riconosciuto il proprio stato di rifugiati.

Per aderire scrivere a: segreteria@anpipianoro.it

anpipianoro.it

lunedì 12 luglio 2010

Art. 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni

E' MORTO DESHIR TAFA UN OPERAIO ALBANESE DI 38 ANNI A MIRANDOLA DI MODENA
Modena E' morto Deshir Tafa operaio albanese di 38 anni. Deshir è morto ieri pomeriggio, di Mirandola. Un operaio albanese di 39 anni, la vittima stava lavorando dentro un pozzetto, presso la ditta Malavasi, stava riparando da solo una pompa per il deflusso dei liquami. Le esalazioni di gas potrebbero non avergli dato scampo fino a soffocarlo ma potrebbe essere caduto accidentalmente, o per un malore, annegando nei liquami utilizzati dall'azienda per la produzione di funghi. L'allarme è stato dato dal padre del titolare dell'azienda Malavasi ma a trovare il corpo, ormai senza vita, di Deshir è stato un collega moldavo.
E' MORTO DOPO UNA LUNGA AGONIA LEONARDO IPPOLITI L'OPERAIO DELLA THISSEN DI TERNI. MUORE AGRICOLTORE IN PROVINCIA DI BOLZANO
Bolzano, 10 lug. –E’ morto un agricoltore schiacciato dal trattore. Ancora un infortunio sul lavoro mortale in Alto Adige ed ancora una volta a determinarlo il rovesciamento di un trattore. E' accaduto verso le 17 a Lana, nel Meranese, dove un agricoltore ha perso la vita per un mezzo agricolo che si e' ribaltato durante lavori nella zona di Platteda, poco lontano da via Palade. L'agricoltore, che e' finito sotto il trattore, e' morto sul colpo.Sul posto sono intervenuti la Croce bianca, i vigili del fuoco e i carabinieri, i quali non hanno potuto fare altro che constatare il decesso.
Terni. E’ morto dopo una lunga agonia Leonardo Ippoliti l’operaio di 29 anni della Fhyssenkrupp. Leonardo si è spento a Terni dopo aver ha lottato a lungo tra la vita e la morte, complice la totale mancanza di sicurezza in certe attività estreme da affrontare quotidianamente.caduti sul lavoro

giovedì 8 luglio 2010

Art. 17 I cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.

Milano, tensione al corteo degli operai
"Feriti in cinque per le manganellate"
Scontri durante la protesta per la Mangiarotti. La questura: "Non si sono fermati nel punto prestabilito"


Momenti di tensione nel centro di Milano, quando il corteo degli operai della Mangiarotti nuclear a pochi passi dalla prefettura è stato caricato dagli agenti in tenuta antisommossa e cinque lavoratori sono rimasti feriti. A denunciare l'episodio è un delegato Fiom della Rsu dello stabilimento milanese che rischia la chiusura per il trasferimento della produzione a Udine. Ma fonti della questura smentiscono le cariche facendo invece cenno ad "azioni di contenimento": i manifestanti non si sarebbero fermati nel punto prestabilito.


"Il percorso del corteo era stato autorizzato - ha affermato Rosario Schiettini, delegato della Fiom nell'azienda che produce componenti per l'industria nucleare - ma all'imbocco di corso Monforte uno schieramento di forze dell'ordine ci ha impedito di arrivare fino al portone della prefettura. Sono partite le cariche e cinque operai sono stati colpiti dalle manganellate: uno di loro è stato portato via in ambulanza".

La giornata di mobilitazione degli operai della Mangiarotti era iniziata davanti al consolato francese per impedire che la committente Areva chiedesse il trasferimento delle commesse dallo stabilimento di Milano. Dopo un colloquio fra un gruppo di sindacalisti e il diplomatico francese, il corteo a cui hanno partecipato anche una delegazione dei lavoratori della Maflow di Trezzano sul Naviglio e alcuni esponenti dei centri sociali, ha tentato di raggiungere la prefettura per chiedere al rappresentante provinciale del governo il rispetto di una sentenza che impone alla proprietà di mantenere la produzione nello stabilimento milanese. Dopo gli scontri una delegazione di rappresentati sindacali è riuscita a ottenere un'udienza in prefettura.

Repubblica.it

Art. 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni

MORTO UN OPERAIO TRAVOLTO DAL FURGONE DELLA DITTA PER CUI LAVORAVA LUNGO IL PASSANTE DI MESTRE.

L'operaio era addetto alla manutenzione stradale. L'incidente è avvenuto tra Preganziol e Spinea in direzione Milano poco prima del casello di Spinea. Da quanto si è appreso l'uomo sarebbe stato investito dal furgone della ditta per cui lavorava parcheggiato lungo la corsia e tamponato da un autocarro proveniente da Preganziol.La Polstrada ha chiuso il tratto autostradale interessato dispondendo la deviazione lungo la A27 e l'immissione del traffico proveniente da Belluno-Treviso lungo la tangenziale di Mestre. Sul posto, oltre agli agenti della Stradale anche i vigili del fuoco di Mestre.

Varese 7 luglio E'morto Gabriele Griggio un artigiano di 54 anni di Tradate di Varese. Gabriele è morto nel primo pomeriggio di mercoledì 7 luglio a Locate Varesino (Como) dopo essere precipitato da circa sette metri mentre stava compiendo alcuni lavori di manutenzione sul tetto di un magazzino. Per Griggio non c'è stato nulla da fare: troppo gravi le ferite riportate nella caduta. Luogo dell'infortunio mortale un magazzino di una ditta in via Garibaldi a Locate Varesino dove l'artigiano, un lattoniere, era impegnato in alcuni lavori di manutenzione della copertura.

caduti sul lavoro

mercoledì 7 luglio 2010

anpipianoro: Art. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni

Nuoro. E'morto Ignazio Carta, operaio di 45 anni. Ignazio è morto oggi schiacciato dal suo trattore che si è ribaltato nelle campagne del paese. La tragedia, di cui si conoscono ancora pochi particolari, è avvenuta intorno alle 17 in un terreno su una strada di penetrazione agraria nella zona di gennecresia, a due chilometri dalla vecchia Orientale sarda. Quando l'équipe del 118 arrivata da Lanusei ha prestato i primi soccorsi, per Ignazio Carta non c'era più nulla da fare. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento di Lanusei, che hanno estratto il corpo dell'uomo dal mezzo, e i carabinieri, che hanno eseguito i rilievi per stabilire la dinamica e le cause della disgrazia.
Cremona E'morto Francesco de Micheli agricoltore sbandando con il trattore, si è spenta così la vita di un agricoltore di 53 anni, molto conosciuto a Motta Baluffi


caduti sul lavoro

martedì 6 luglio 2010

Contro la legge Balilla

Il suo vero nome è “legge Balilla” e porta la firma congiunta di ben tre ministri: La Russa (Difesa), Meloni (Giovani) e Tremonti (Economia). Obiettivo? Organizzare corsi di formazione delle Forze Armate per i giovani. Costo previsto per i primi tre anni di sperimentazione: 20 milioni di euro. Niente male per essere tempo di crisi.

L’idea del governo è semplice: invitiamo i giovani per tre settimane in caserma, gli facciamo indossare per la prima volta la divisa e gli spieghiamo quanto sia bello far parte delle Forze Armate e andare in missione in giro per il mondo. In questo modo riusciremo a selezionare nuovi volontari per l’arruolamento, ad “assicurare nuova linfa e continuità d’azione” alle associazioni combattentistiche e d’arma e, alla peggio, a promuovere un po’ di sana cultura militare. Dio solo sa, coi tempi che corrono, quanto ne abbiamo bisogno!

Per riuscire nell’operazione bisognerà solo aprire le caserme e renderle un po’ più accoglienti. C’è il rischio che se i giovani vedono in che condizioni sono realmente gli venga voglia di non tornarci più. Per il maquillage delle caserme destinate al loro alloggiamento è prevista una spesa di più di 4 milioni di euro. Per il materiale didattico bastano 350.000€. Ne serviranno invece 850.000 per le attività addestrative. Sì, perché i corsi dei giovani militari non saranno solo chiacchiere. Agli ignari che cadranno nella rete degli uffici propaganda delle forze armate verrà offerta la possibilità di impugnare una pistola (una di quelle vere, non più quelle giocattolo di quando eri bambino) e di imparare ad ammazzare. Se riesci a centrare il bersaglio, naturalmente. Si chiameranno “Lezioni di tiro con l’arma individuale”.

Non si irritino i soliti pacifisti, antimilitaristi e utopisti. Questo progetto (udite, udite!!!) “si pone nell’ambito delle iniziative per la diffusione dei valori e della cultura della pace e della solidarietà internazionale tra le giovani generazioni”. Straordinario!

I corsi, assicurano i nostri tre ministri, saranno una “esperienza di vita unica” che contribuirà “ad avvicinare i giovani ai valori delle Forze Armate, con una formazione specifica al rispetto e alla difesa dei valori costituzionali”. Immagino che si comincerà dallo studio di quell’articolo che comincia con le parole “L’Italia ripudia la guerra…”.

Per togliere ogni dubbio sul cuore degli insegnamenti a cui saranno sottoposti i giovani malcapitati, il disegno di legge ridefinisce a modo suo i compiti istituzionali delle Forze Armate specificando (fate molta attenzione!) che ci si riferisce alle “missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali (!), di contrasto del terrorismo internazionale (!), di soccorso alle popolazioni locali (!) e di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni (!), in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza (!).” Scusate l’ignoranza: dove sta scritto che questi sono i compiti delle FFAA? Ero rimasto all’articolo 11. Quali sono gli interessi nazionali che dobbiamo difendere? Da chi? Quali sono le libere istituzioni che dobbiamo salvaguardare? E poi, quali sono gli altri casi di straordinaria necessità e urgenza in cui dobbiamo intervenire?

I ministri presentatori giurano che i corsi non sono diretti alla promozione o all’acquisizione di titoli per l’arruolamento nelle Forze Armate. Poi però la legge precisa che la partecipazione ai corsi sarà riservata ai giovani più bravi, competenti e atletici, che risiedono nelle aree tipiche di reclutamento e che hanno il più alto titolo di studio. La vera legge Balilla, quella fascista del 1926, era meno discriminatoria. Ma si sa i tempi cambiano, oggi c’è la crisi e le risorse disponibili non sono più quelle di un tempo. Sarebbe bello poterli indottrinare tutti. Ve lo immaginate? Ma non ci sono i soldi. Vedremo più in là. Intanto partiamo con la sperimentazione.

Scherzi a parte (anche se la legge è stata depositata il 1 aprile 2010 non è uno scherzo), questa legge non s’ha da fare. In queste ore il governo sta tentando di far passare il tutto, baipassando la discussione parlamentare, con un emendamento alla finanziaria. Con il risultato paradossale che da un lato taglia i fondi per l’addestramento (quello vero) dei soldati e dall’altro butta 20 milioni per l’addestramento ideologico delle possibili nuove reclute. Fai sentire la tua voce. Chiama i parlamentari eletti nel tuo collegio e digli di intervenire subito. Unisciti alla Tavola della pace. Diciamo no alla legge Balilla. E se ci sono 20 milioni per la formazione dei giovani, pretendiamo che siano spesi per educare veramente alla cittadinanza e alla Costituzione ovvero alla pace e ai diritti umani, alla legalità e alla giustizia.

Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace

Perugia, 5 luglio 2010

domenica 4 luglio 2010

Indecenza

In tutta fretta è stato istituito un nuovo ministero denominato “per l’attivazione del Federalismo”, a capo del quale è stato nominato d’urgenza tale BRANCHER che, guarda caso, doveva fra giorni comparire in giudizio, accusato di truffa e di appropriazione indebita nel processo per l’acquisizione della Banca Antonveneta.
Egli ha invocato subito il “legittimo impedimento” a partecipare quale imputato al processo, in quanto impegnato ad organizzare il nuovo ministero.
In tutta sincerità non credvo che si potesse arrivare ad istituire un ministero per salvare dall’eventuale condanna un imputato, o meglio: credevo che tale privilegio fosse riservato al Presidente del Consiglio, che ne ha già più volte usufruito e che ne è l’ispiratore.
Evidentemente nn ci sono limiti alla decenza, mentre il popolo italiano, come ha scritto il nostro peota Giusti “in ben altre faccende affacendato, a queste cose è morto e sotterrato”.
Il 26 giugno il Presidente della Repubblica ha fatto sapere che il nuovo ministero non necessita di nessuna organizzazione in quanto, come si dice “è senza portafoglio”.
E poi?

Gianni Tellaroli.

venerdì 2 luglio 2010

Art. 1 della Costituzione: L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.

A maggio disoccupazione stabile ma è record per quella giovanile
Per il terzo mese consecutivo il tasso è all'8,7%. Gli occupati registrano una flessione dello 0,2% rispetto ad aprile e dell'1,1% rispetto a maggio 2009. Per i giovani è il top dal gennaio 2004. Disoccupazione femminile al 10%

ROMA - Tasso di disoccupazione stabile a maggio per il terzo mese consecutivo all'8,7%, con un aumento di 1,2 punti percentuali rispetto a maggio 2009. Ma per giovani e donne è sempre più difficile trovare lavoro. E' quanto emerge dai dati Istat sull'occupazione. In base alle stime, gli occupati a maggio registrano una flession%e dello 0,2% rispetto ad aprile (quando erano aumentato dello 0,2%) e dell'1,1% rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il numero delle persone in cerca di occupazione diminuisce dello 0,1% rispetto ad aprile, segnando un aumento del 15,5% rispetto a maggio 2009.

Giovani. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a maggio è salito al 29,2% dal 29,1% di aprile (dato rivisto). Si tratta del dato più elevato dall'inizio delle serie storiche, ovvero dal 2004.

Donne in difficoltà. A maggio l'occupazione maschile risulta invariata rispetto al mese precedente e in calo dell'1,1% rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente. L'occupazione femminile invece diminuisce dello 0,4% rispetto ad aprile e dell'1,2% nei confronti di maggio 2009. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,9%, invariato nell'ultimo mese e in calo di 0,8 punti percentuali negli ultimi dodici mesi. Il tasso di occupazione femminile a maggio è pari al 46,0%, con una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto a maggio 2009. La disoccupazione maschile è in diminuzione dello 0,6% rispetto al mese precedente, ma in aumento del 16,8% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il numero di donne disoccupate aumenta invece dello 0,3% rispetto ad aprile e del 14% rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione maschile è uguale al 7,7%, stabile rispetto ad aprile e in aumento rispetto a maggio 2009 (1,1 punti percentuali). Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10,1%, in aumento rispetto ad aprile (0,1 punti percentuali) e rispetto al mese di maggio 2009 (+1,2 punti percentuali).

Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni aumenta, a maggio 2010, dello 0,4% rispetto ad aprile e dello 0,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Il tasso di inattività è pari al 37,7%, con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto sia al mese precedente sia a maggio 2009. Gli uomini inattivi sono in aumento dello 0,4% tra aprile e maggio 2010 e dello 0,7% su base annua, mentre le donne inattive presentano aumenti rispettivamente pari allo 0,5% e all'1%.

Art. 33 della Costituzione. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato

In un anno 4% di insegnanti in meno i bidelli e i tecnici tagli del 6%, ma i prof di religione sono ancora in crescita.
L'unico dato in controtendenza, tra quelli forniti dal ministero, riguarda i docenti dell'unica ora facoltativa. Per il resto meno cattedre e classi, e precari espulsi
di SALVO INTRAVAIA

ROMA - Per la scuola italiana travolta dai tagli, l'unico segno più è per gli insegnanti di Religione. Il ministero dell'Istruzione ha appena pubblicato l'annuale dossier dal titolo "La scuola statale - sintesi dei dati, anno scolastico 2009/2010": il corposo volume di 342 pagine che contiene tutti i numeri dell'anno appena trascorso. Una pubblicazione di routine, che quest'anno però riserva una sorpresa: in mezzo a tanti segni meno, rispetto al 2008/2009 una delle poche voci che cresce è quella dei docenti di Religione. E' lo stesso ministero a certificarlo.

Il confronto con un anno fa consegna un quadro della scuola italiana con sacrifici per tutti, dagli alunni disabili ai precari, tranne che per gli insegnanti di Religione. Un dato che appare in netta controtendenza col taglio delle classi e con il lento ma graduale spopolamento delle aule quando sale in cattedra il docente individuato dal vescovo. Quella dei docenti che impartiscono l'unica ora di lezione facoltativa prevista dall'ordinamento scolastico italiano è questione che ha destato sempre polemiche.

Quando nel 2004 l'allora ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, pensò di stabilizzarli attraverso due distinti concorsi il mondo politico-sindacale si spaccò in due. Anche perché tra i titoli necessari per accedere al concorso, riservato a coloro che avevano prestato servizio per almeno 4 anni negli ultimi dieci (dal 1993/1994 al 2002/2003), occorreva essere in possesso dell'idoneità rilasciata dall'ordinario diocesano. Ma il secondo governo Berlusconi non si curò troppo delle polemiche e bandì ugualmente il concorso, che nel settembre 2005 consentì per la prima volta nella storia dello Stato italiano l'immissione in ruolo dei primi 9167 docenti di Religione. Da allora il loro numero è sempre cresciuto, fino alla cifra record (26.326 unità) dell'anno scolastico appena archiviato. I quasi 14 mila prof di ruolo, in leggera flessione rispetto a 12 mesi fa, sono stati abbondantemente compensati dai colleghi precari: 12.446 in tutto.

Nel frattempo, la scuola italiana è stata oggetto di tagli senza precedenti. Nel triennio 2009/2012 spariranno 133 mila cattedre per un totale di 8 miliardi di euro. Ma non solo: l'incremento degli alunni disabili (da 175.778 a 181.177 unità) è stato fronteggiato con un taglio netto di oltre 300 cattedre di sostegno. Quasi 37 mila alunni in più sono stati stipati in 4 mila classi in meno. E sono diminuiti persino i plessi scolastici: 92 in meno. È toccato al personale della scuola pagare il prezzo più alto al risanamento dei conti pubblici. In un solo anno gli insegnanti di ruolo sono calati del 4%, senza nessun recupero da parte dei precari che hanno dovuto salutare quasi 14 mila incarichi con relativo stipendio. Per non parlare del personale di segreteria, dei bidelli e dei tecnici di laboratorio: meno 6% in 12 mesi.

L'anno appena trascorso ha visto anche il varo della riforma Gelmini per il primo ciclo (scuola elementare e media), col calo delle ore di lezione e del tempo prolungato alla scuola media. Ma è stato anche l'anno delle proteste dei dirigenti scolastici per il taglio ai fondi d'istituto e del congelamento per un triennio (dal 2011 al 2013) degli stipendi degli insegnanti.
(02 luglio 2010)
http://www.repubblica.it/scuola/2010/07/02/news/prof_religione-5322264/