mercoledì 17 novembre 2010

IL PAESE DELLE STRAGI IMPUNITE





Il 28 maggio 1974 in piazza della Loggia a Brescia era in corso una manifestazione antifascista, pacifica e democratica organizzata dai sindacati. Alle 10.12 la piazza fu devastata dall’esplosione di una bomba che provocò la morte di otto persone e oltre cento feriti.
16 novembre 2010: i giudici della Corte di Assise di Brescia, assolvono tutti e cinque gli imputati, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti. L’assoluzione si è avuto in base all’art. 530 comma 2 “perché la prova manca, è insufficiente o contraddittoria” – la vecchia insufficienza di prove. Il signor Nessuno ha colpito ancora. Un vecchio slogan di tante manifestazioni diceva “Piazza Fontana ce l’ha insegnato, il 12 dicembre la strage era di Stato”. E’ solo una questione di luoghi e date… la sostanza rimane inesorabilmente la stessa.
Siamo il Paese delle stragi impunite, da piazza Fontana, alla Stazione di Bologna. Professionisti dei depistaggi che impediscono di arrivare alla verità, di far scoprire la mano fascista che operato le stragi. La loggia massonica P2 aveva un programma politico eversivo denominato “piano di rinascita democratica”: abbiamo visto che questo piano è stato in gran parte attuato.. e molte leggi approvate in questi ultimi quidici/vent’anni sembrano trarre ispirazione da questo piano. E non possiamo non leggere in questo senso la sentenza di ieri, che afferma ancora una volta che nel nostro Paese c’è una frattura profonda nelle regole della democrazia, c’è una ferita che non si rimargina nel concetto di libertà. La sentenza ci restituisce un giudizio della Corte che non rende giustizia: in quanto tale definisce soltanto i colpevoli e gli innocenti di fronte al tribunale dello Stato, ma il tribunale della Storia non può omologare quella sentenza. Stando alle pronunce dei tribunali, Mussolini non ebbe parte nell’omicidio di Matteotti, Trotzkji si unì a Hitler contro l’Urss, Sacco e Vanzetti erano colpevoli, Anna Bolena meritò la decapitazione perché adultera e Giovanna d’Arco il rogo perché vestiva abiti maschili. La verità storica sta da un’altra parte. La sentenza di Brescia ci ricorda, caso mai ce ne fossimo dimenticati, che nel nostro Paese c’è una spaccatura insanabile tra libertà e regole: una regola fondamentale di libertà è quella di garantire la conoscenza della propria storia, fornire gli strumenti per conoscere senza dimenticare perché la dimenticanza della storia favorisce il ripetersi delle sue costanti peggiori e degli episodi più oscuri.

Mariangela Mombelli

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