lunedì 15 novembre 2010

Il 31 ottobre scorso la nostra sezione ha tenuto il suo 16° Congresso, che ha visto la partecipazione di un discreto numero di persone i cui interventi hanno portato un contributo di rilievo offrendoci spunti di riflessione sulla nostra attività e sul nostro rapporto con la realtà sociale del territorio. Il tema centrale che abbiamo posto all'attenzione di questo congresso è la comunicazione che riteniamo essere il fulcro attorno al quale si debba muovere l'attività di ogni associazione che abbia tra i suoi obiettivi la promozione culturale e sociale, oltre che, come nel caso dell'ANPI, il dovere di trasmettere una memoria storica. Comunicare la memoria oggi è agire perché si costruisca e ri-costruisca una cultura antifascista, cercando di avere come interlocutori privilegiati le nuove generazioni, a cui bisogna tornare a parlare per dire, oggi, cosa è stato il Ventennio, cosa è stato il nazismo, per spiegare le ragioni della lotta partigiana, valorizzarla e tramandarla attraverso azioni concrete che siano frutto di un progetto profondo di trasformazione sociale, che spinga i giovani a “stare da questa parte”, piuttosto che navigare in un qualunquismo fine a stesso o, peggio ancora, andare a cercare a destra un' “idealità” antiborghese nelle follie dei movimenti neofascisti che prendono piede. Non è più, quindi, il tempo di far soltanto conoscere ciò che è stato, che rimane comunque di primaria importanza perché è soltanto la conoscenza che permette di discriminare e scegliere, ma è necessario fornire, attraverso la comunicazione, strumenti per leggere ed interpretare la realtà di oggi, al fine di contribuire alla formazione, non soltanto nei giovani, di quel senso critico indispensabile per essere soggetti attivi di questa società. Bisogna comunicare che la libertà che la guerra partigiana ci ha restituito sta via via diventando un'illusione di libertà e che i primi a farne le spese sono proprio i giovani: nel momento in cui non si è più in grado di dar loro un'idea di futuro, perché istruzione, cultura, diritti, lavoro sono minati nelle loro fondamenta, li si comincia di fatto a privare della libertà. I pesantissimi tagli alla cultura e alla scuola pubblica, ad esempio, a fronte del ripristino integrale dei fondi per la scuola privata sono un attacco alla libertà e alla democrazia, di cui la cultura è alimento vitale. Va detto ai giovani che un regime non sa cosa farsene della conoscenza, anzi la teme come elemento che contrasta la sottocultura di massa su cui si fonda ogni società autoritaria. Vorremmo lasciare agli storici il compito di far conoscere i fatti che sono accaduti e le dinamiche storiche in cui si inseriscono; l'impegno che invece noi, come antifascisti, ci prendiamo crediamo debba essere quello di comunicare la memoria attualizzandone il significato: ci è chiesto di essere “partigiani” oggi, in una lotta per il lavoro, per l'affermazione dei diritti contro ogni forma di discriminazione e razzismo, per la difesa della scuola pubblica e della laicità dello Stato, per una reale cultura di pace.


“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. (…) Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci.

di Mariangela Mombelli

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