In questi giorni di chiusura del 2010 l’Italia ha trovato un nuovo vate nella figura del ministro Sacconi.
In due giorni ha espresso pensieri degni di un grande pensatore, sia sull’accordo fiat di Mirafiori, sia sulle nuove generazioni. L’ultima esternazione riguarda proprio il futuro dei giovani. “Disoccupazione tra giovani? Tra le cause anche i cattivi genitori" ha detto a Radio Rai 1 il ministro.
Infatti la colpa non è del sistema che non crea posti di lavoro, ma bensì delle famiglie che vedono nei figli la speranza che la loro vita possa migliorare cercando, attraverso lo studio una emancipazione e una crescita sociale. Ma secondo il pensiero del ministro, evidentemente non ha importanza quello che prevede la Costituzione italiana ossia di creare le condizioni per l’emancipazione dell’individuo attraverso l’istruzione e nel lavoro. Per il ministro deve continuare a esistere lo status quo. Se nasci figlio di un operaio devi fare l’operaio (sempre che l’industria italiana riesca a resistere a questo frangente di crisi economica) se nasci figlio di una commessa devi fare il commesso e via dicendo. Perciò effettivamente si capisce perché la scuola pubblica è stata devastata in questi anni, l’istruzione serve solo se si nasce nelle famiglie con lavori d’eccellenza avvocati, medici, ect ect.
In questi tempi di crisi temo che nasceranno figli da lavoratori disoccupati, e secondo il ragionamento del ministro mi domando. Ma questi bambini come futuro dovranno essere dei disoccupati?
Se diventeranno disoccupati temo un incremento della povertà con tutte le conseguenze per lo stato sociale se esisterà ancora tra qualche decennio. Allora ministro mi permetto di suggerirle questa soluzione, non recente, che fu proposta un secolo fa da un illustre scrittore J. Swift.
Chissà se potrà essere uno spunto per risolvere definitivamente il problema della disoccupazione e della povertà crescente nel nostro paese.
Paolo Corazza
J. Swift, Una modesta proposta
È cosa ben triste, per quanti passano per questa grande città o viaggiano per il nostro Paese, vedere le strade, sia in città, sia fuori, e le porte delle capanne, affollate di donne che domandano l’elemosina seguite da tre, quattro o sei bambini tutti vestiti di stracci, e che importunano cosí i passanti. Queste madri, invece di avere la possibilità di lavorare e di guadagnarsi onestamente da vivere, sono costrette a passare tutto il loro tempo andando in giro ad elemosinare il pane per i loro infelici bambini, i quali, una volta cresciuti, diventano ladri per mancanza di lavoro, o lasciano il loro amato Paese natio per andarsene a combattere per il pretendente al trono di Spagna, o per offrirsi in vendita ai Barbados.
Penso che tutti i partiti siano d’accordo sul fatto che tutti questi bambini, in quantità enorme, che si vedono in braccio o sulla schiena o alle calcagna della madre e spesso del padre, costituiscono un serio motivo di lamentela, in aggiunta a tanti altri, nelle attuali deplorevoli condizioni di questo Regno; e, quindi, chiunque sapesse trovare un metodo onesto, facile e poco costoso, atto a rendere questi bambini parte sana ed utile della comunità, acquisterebbe tali meriti presso l’intera società, che gli verrebbe innalzato un monumento come salvatore del paese.
Io tuttavia non intendo preoccuparmi soltanto dei bambini dei mendicanti di professione, ma vado ben oltre: voglio prendere in considerazione tutti i bambini di una certa età, i quali siano nati da genitori in realtà altrettanto incapaci di provvedere a loro, di quelli che chiedono l’elemosina per le strade.
Per parte mia, dopo aver riflettuto per molti anni su questo tema importante ed aver considerato attentamente i vari progetti presentati da altri, mi son reso conto che vi erano in essi grossolani errori di calcolo. é vero, un bambino appena partorito dalla madre può nutrirsi del suo latte per un intero anno solare con l’aggiunta di pochi altri alimenti, per un valore massimo di spesa non eccedente i due scellini, somma sostituibile con l’equivalente in avanzi di cibo, che la madre si può certamente procurare nella sua legittima professione di mendicante; ma è appunto quando hanno l’età di un anno che io propongo di provvedere a loro in modo tale che, anziché essere di peso ai genitori o alla parrocchia, o essere a corto di cibo e di vestiti per il resto della vita, contribuiranno invece alla nutrizione e in parte al vestiario di migliaia di persone.
Un altro grande vantaggio del mio progetto sta nel fatto che esso impedirà gli aborti procurati e l’orribile abitudine, che hanno le donne, di uccidere i loro bambini bastardi; abitudine, ahimè, troppo comune fra di noi; si sacrificano cosí queste povere creature innocenti, io credo, piú per evitare le spese che la vergogna, ed è cosa, questa, che muoverebbe a lacrime di compassione anche il cuore piú barbaro ed inumano.
Di solito si calcola che la popolazione di questo Regno sia attorno al milione e mezzo, ed io faccio conto che, su questa cifra, vi possano essere circa duecentomila coppie, nelle quali la moglie sia in grado di mettere al mondo figli; da queste tolgo trentamila, che sono in grado di mantenere i figli, anche se temo che non possano essere tante, nelle attuali condizioni di miseria; ma, pur concedendo questa cifra, restano centosettantamila donne feconde. Ne tolgo ancora cinquantamila, tenendo conto delle donne che non portano a termine la gravidanza o che perdono i bambini per incidenti o malattia entro il primo anno. Restano, nati ogni anno da genitori poveri, centoventimila bambini. Ed ecco la domanda: come è possibile allevare questa moltitudine di bambini, e provvedere loro? Come abbiamo già visto, nella situazione attuale questo è assolutamente impossibile, usando tutti i metodi finora proposti. Infatti non possiamo impiegarli né come artigiani, né come agricoltori, perché noi non costruiamo case (intendo dire in campagna), né coltiviamo la terra; ed essi possono ben di rado guadagnarsi da vivere rubando finché non arrivano all’età di sei anni, salvo che non posseggano doti particolari; anche se, lo debbo ammettere, imparano i rudimenti molto prima di quell’età. Ma in questo periodo essi possono essere considerati propriamente solo degli apprendisti, come mi ha spiegato un personaggio eminente della contea di Cavan; il quale appunto mi ha dichiarato che non gli capitò mai di imbattersi in piú di uno o due casi al di sotto dell’età di sei anni, pur in una parte del Regno tanto rinomata per la precocità in quest’arte.
I nostri commercianti mi hanno assicurato che i ragazzi e le ragazze al disotto dei dodici anni non costituiscono merce vendibile, e che anche quando arrivano a questa età non rendono piú di tre sterline o, al massimo, tre sterline e mezza corona, al mercato; il che non può recar profitto né ai genitori né al Regno, dato che la spesa per nutrirli e vestirli, sia pure di stracci, è stata di almeno quattro volte superiore.
Io quindi presenterò ora, umilmente, le mie proposte che, voglio sperare, non solleveranno la minima obiezione.
Un Americano, mia conoscenza di Londra, uomo molto istruito, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo piú delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragú.
Espongo allora alla considerazione del pubblico che, dei centoventimila bambini già calcolati, ventimila possono essere riservati alla riproduzione della specie, dei quali sono un quarto maschi, il che è piú di quanto non si conceda ai montoni, ai buoi ed ai maiali; ed il motivo è che questi bambini sono di rado frutto del matrimonio, particolare questo che i nostri selvaggi non tengono in grande considerazione, e, di conseguenza, un maschio potrà bastare a quattro femmine. I rimanenti centomila, all’età di un anno potranno essere messi in vendita a persone di qualità e di censo in tutto il Regno, avendo cura di avvertire la madre di farli poppare abbondantemente l’ultimo mese, in modo da renderli rotondetti e paffutelli, pronti per una buona tavola. Un bambino renderà due piatti per un ricevimento di amici; quando la famiglia pranzerà da sola, il quarto anteriore o posteriore sarà un piatto di ragionevoli dimensioni e, stagionato, con un po’ di pepe e sale, sarà ottimo bollito al quarto giorno, specialmente d’inverno.
Ho calcolato che, in media, un bambino appena nato venga a pesare dodici libbre e che in un anno solare, se nutrito passabilmente, arrivi a ventotto.
Ammetto che questo cibo verrà a costare un po’ caro, e sarà quindi adattissimo ai proprietari terrieri, i quali sembra possano vantare il maggior diritto sui bambini, dal momento che hanno già divorato la maggior parte dei genitori.
La carne di bambino sarà di stagione per tutta la durata dell’anno, ma sarà piú abbondante in marzo, e un po’ prima dell’inizio e dopo la fine di quel mese. Ci informa infatti un autore serissimo [Rabelais], eminente medico francese, che, essendo il pesce una dieta favorevole alla prolificità, nei paesi cattolici ci sono piú bambini nati circa nove mesi dopo la Quaresima di quanti non ce ne siano in qualunque altro periodo dell’anno; di conseguenza, un anno dopo la Quaresima il mercato sarà piú fornito del solito, perché il numero dei bambini dei Papisti è almeno di tre contro uno, in questo paese; ricaveremo quindi parallelamente un altro vantaggio, quello di far diminuire il numero dei Papisti in casa nostra.
Ho già calcolato che il costo di allevamento per un infante di mendicanti (nella quale categoria faccio entrare tutti i contadini, i braccianti ed i quattro quinti dei mezzadri) è di circa due scellini all’anno, stracci inclusi; ed io penso che nessun signore si lamenterà di pagare dieci scellini il corpo di un bambino ben grasso che, come ho già detto, può fornire quattro piatti di ottima carne nutriente per quando abbia a pranzo qualche amico di gusti difficili, da solo o con la famiglia. Il proprietario di campagna imparerà cosí ad essere un buon padrone ed acquisterà popolarità fra gli affittuari, la madre avrà dieci scellini di profitto netto e sarà in condizione di lavorare finché genererà un altro bambino.
I piú parsimoniosi (ed io confesso che la nostra epoca ne ha bisogno) potrebbero scuoiare il corpo, la cui pelle, trattata artificialmente, dà meravigliosi guanti per signora e stivaletti estivi per signori eleganti.
Per quanto concerne la nostra città di Dublino, nelle parti piú acconce, potrebbero apprestarsi mattatoi per codesta bisogna; e possiamo star certi che non mancheranno i macellai; anche se io vorrei raccomandare di comperar vivi i bambini e di prepararli caldi, appena finito di usare il coltello, come si fa per arrostire i maiali.
Una degnissima persona, che ama veramente il suo Paese, e le cui virtú tengo in grande considerazione, si compiacque di recente, parlando di questo argomento, di suggerire un perfezionamento al mio progetto. Egli diceva che, dal momento che molti gentiluomini del Regno in questi ultimi tempi hanno distrutto la selvaggina, pensava che sarebbe stato possibile ovviare alla mancanza di cacciagione procurando corpi di giovinetti e fanciulle non al di sopra dei quattordici anni e non al di sotto dei dodici: dato che tanto sono quelli, sia dell’uno che dell’altro sesso, che sono avviati a morire di fame per mancanza di lavoro o di assistenza: ed i genitori, se ancora in vita, oppure i parenti piú prossimi, sarebbero ben lieti di liberarsi di loro. Tuttavia, pur con tutta la deferenza per un cosí eccellente amico e per un patriota di tanto merito, non posso essere completamente d’accordo con lui. Per quanto riguarda i maschi, un Americano di mia conoscenza, che ha avuto modo di farne esperienza frequente, mi ha assicurato che la carne era generalmente magra e coriacea come quella dei nostri scolari, a cagione del troppo esercizio fisico, e che il sapore era sgradevole e non valeva la pena di ingrassarli. Per quanto riguarda le femmine poi, io sono umilmente del parere che in questo modo si procurerebbe un danno alla comunità intera, perché tra breve esse sarebbero divenute feconde. D’altra parte non improbabile che persone scrupolose possano criticare severamente una pratica di questo genere (benché del tutto ingiustamente, com’è ovvio), considerandola come qualcosa che rasenti la crudeltà; e confesso che, nel caso mio, questa è sempre stata la piú forte obiezione ad ogni progetto, anche se presentato con le migliori intenzioni.
Ma debbo dire, a giustificazione del mio amico, che egli mi confessò che questo espediente gli fu suggerito dal famoso Salmanazar, nativo dell’isola di Formosa, il quale venne a Londra piú di venti anni fa e, parlando con lui, gli disse che al suo Paese, quando accadeva che qualche giovane fosse condannato a morte, il boia vendeva il cadavere a qualche personaggio importante, come leccornia di prima qualità, e che, ai suoi tempi, il corpo di una ragazza paffutella sui quindici anni, che era stata crocifissa per tentato avvelenamento del re, era stato venduto al primo ministro di Sua Maestà Imperiale e ad altri grandi mandarini della corte, a fette, appena tolta dalla forca, per quattrocento corone. Effettivamente, non posso negare che se si facesse la stessa cosa con parecchie ragazze ben nutrite di questa città, le quali, senza un soldo in loro possesso, non vanno fuori di casa se non in portantina, e si fanno vedere a teatro ed alle riunioni coperte di abiti vistosi venuti dall’estero, che non saranno mai loro a pagare, il Regno non andrebbe certo avanti peggio di ora.
Alcune persone, portate allo scoraggiamento, si preoccupano molto della grande quantità di poveri in età avanzata, ammalati e storpi, e mi si è chiesto di indirizzare le mie riflessioni alla ricerca di metodi atti a sollevare la nazione di un peso tanto gravoso. Però questa faccenda non mi preoccupa punto, perché è noto che muoiono e vanno in putrefazione ogni giorno per freddo e fame, per la sporcizia ed i pidocchi, con una rapidità che si può considerare ragionevole. Quanto ai braccianti piú giovani, va detto che la loro attuale situazione non offre maggiori speranze. Non possono trovare lavoro e, di conseguenza, deperiscono per mancanza di nutrizione, a tal segno che, se viene loro affidato un qualsiasi comune lavoro, non sono in grado di farlo: e cosí il Paese e loro stessi vengono ad essere felicemente liberati dei mali a venire.
La digressione è stata troppo lunga, e quindi ora torno al mio argomento. Io ritengo che i vantaggi offerti dalla mia proposta siano molti e piú che evidenti, ed anche della massima importanza.
Primo: come ho già osservato, diminuirebbe enormemente il numero dei Papisti dai quali siamo infestati annualmente, dato che, nella nazione, sono quelli che fanno piú figli, oltre ad essere i nostri nemici piú pericolosi; e se restano in Patria, lo fanno di proposito, per consegnare il Regno al Pretendente, sperando di trarre vantaggio dall’assenza di tanti buoni protestanti, che hanno preferito abbandonare il loro Paese piuttosto che starsene a casa a pagare le decime contro coscienza ad un coadiutore del vescovo.
Secondo: i poveri affittuari avranno dei beni di loro proprietà che, per legge, potranno essere resi suscettibili di sequestro ed aiutare a pagare l’affitto al padrone, dal momento che grano e bestiame sono già stati confiscati ed il denaro è cosa del tutto sconosciuta.
Terzo: previsto che il mantenimento di circa centomila bambini dai due anni in su non può essere calcolato di un costo inferiore a dieci scellini l’anno per ogni capo, il patrimonio della nazione aumenterà in questo modo di cinquantamila sterline l’anno, senza tener conto della nuova pietanza introdotta nelle mense di tutti i signori del Regno che siano di gusti raffinati; ed il denaro circolerà fra di noi, essendo l’articolo completamente di nostra produzione e lavorazione.
Quarto: i produttori regolari, oltre al guadagno di otto scellini buoni, ottenuti annualmente con la vendita dei bambini, si libereranno del peso di mantenerli dopo il primo anno di età.
Quinto: questa nuova pietanza porterà anche molti consumatori alle taverne, e gli osti avranno certamente la precauzione di procurarsi le migliori ricette per prepararla alla perfezione; quindi i loro locali saranno frequentati da tutti i signori di rango, che giustamente vengono valutati in base alla conoscenza che hanno della buona cucina; ed un cuoco esperto, che sappia come conquistarsi il favore della clientela, farà in modo di mantenere un prezzo che li saprà soddisfare.
Sesto: si avrebbe un grande incoraggiamento al matrimonio, che tutte le nazioni di buon senso hanno cercato di favorire con premi, o imposto con leggi ed ammende. Aumenterebbe la cura e la tenerezza delle madri per i bambini, quando fossero sicure di una sistemazione certa sin dall’inizio, e procurata in qualche modo dalla comunità a loro annuo profitto, anziché, a loro carico; e ben presto avremmo modo di vedere un’onesta emulazione fra le donne sposate nel portare al mercato il bambino piú grasso. Gli uomini, durante la gravidanza della moglie, le sarebbero affezionati tanto quanto lo sono ora alla cavalla, alla mucca o la scrofa prossima a figliare, né la minaccerebbero di pugni e di calci (cosa purtroppo frequente nella pratica), per timore di un aborto.
Potrebbero elencarsi molti altri vantaggi. Ad esempio, l’aumento di qualche migliaio di esemplari nella nostra esportazione di manzo in barile, la maggior diffusione della carne di porco, ed un miglioramento nell’arte di fare il buon prosciutto che si trova in quantità tanto scarsa a cagione del grande consumo che facciamo di maialini da latte, una pietanza troppo frequente nelle nostre mense che tuttavia non è neppure alla lontana paragonabile, sia per il sapore sia per la figura che fa, a quella fornita da un bambino di un anno, grasso e ben pasciuto: il quale, arrostito intero, farà una splendida figura alla festa del sindaco della città o a qualsiasi altro ricevimento pubblico. Ma questo ed altro voglio tralasciare, preoccupandomi di esser conciso.
Supponendo che mille famiglie in questa città comperino costantemente carne di bambino, in aggiunta ad altri che potrebbero acquistarla in liete circostanze, particolarmente per i matrimoni e per i battesimi, calcolo che Dublino consumerebbe annualmente circa ventimila esemplari, ed il resto del Regno (in cui probabilmente verrebbe venduta ad un prezzo lievemente inferiore) i rimanenti ventimila.
Io non prevedo obiezione possibile alla mia proposta, a meno che non si insista nel dire che la popolazione del Regno in questo modo dimunuirebbe notevolmente. Lo ammetto ben volentieri, ed è questo, di fatto, uno degli scopi principali della mia proposta. Prego il lettore di osservare che il mio rimedio è destinato soltanto ed unicamente a questo Regno d’Irlanda e a nessun altro che sia mai esistito, che esista o abbia ad esistere nel futuro sulla terra. Che quindi non mi si parli di altri espedienti: di tassare di cinque scellini la sterlina i proprietari che non si curano delle loro terre; di non usare abiti o mobili di casa che non siano di nostra produzione e lavorazione; di respingere tutti i materiali e gli strumenti che favoriscano il lusso straniero; di guarire le nostre donne dalla mania delle spese che fanno per orgoglio, vanità, pigrizia e passione del gioco; di introdurre una vena di parsimonia, prudenza e temperanza; di imparare ad amare il nostro Paese, cosa in cui siamo diversi persino dai Lapponi e dagli abitanti di Topinambu; di abbandonare la nostra animosità e la faziosità, e di non comportarci piú come gli Ebrei, che si scannavano l’un l’altro persino nel momento in cui la loro città veniva presa; di stare un po’ piú attenti a non vendere il nostro Paese e la nostra coscienza per niente; di insegnare ai proprietari ad avere almeno un po’ di pietà per i loro affittuari. Infine, di far entrare un po’ di onestà, di operosità e di capacità nello spirito dei nostri bottegai i quali, se potesse ora esser presa la decisione di comprare soltanto merce nostra, si unirebbero immediatamente per imbrogliarci e ricattarci sul prezzo, sulla misura e sulla qualità, né si sono mai potuti indurre a fare qualche proposta commerciale onesta e decente, nonostante siano stati spesso e calorosamente invitati.
Pertanto, ripeto, che nessuno venga a parlarmi di questi espedienti o di altri del genere, finché non abbia almeno un barlume di speranza che vi possa essere qualche generoso e sincero tentativo di metterli in pratica.
Quanto a me, stanco com’ero di offrirvi utopie inutili ed oziose, alla fine disperavo ormai del successo: quando per fortuna mi è venuta in mente questa proposta che, essendo interamente nuova, presenta alcunché di solido e di concreto, è di nessuna spesa e di poco disturbo, rientra pienamente nelle nostre possibilità di attuazione, e non fa correre il rischio di recar torto all’Inghilterra. Infatti questo tipo di merce non tollera l’esportazione, perché la carne è di consistenza troppo tenera per consentire una lunga durata nel sale; anche se forse io potrei nominare un Paese che sarebbe ben contento di mangiarsi per intero tutta la nostra nazione anche senza questo condimento.
Dopo tutto, non sono cosí tenacemente avvinto alla mia idea da rifiutare qualsiasi proposta che venga fatta da persone di buon senso, che sia altrettanto innocente, facile da mettersi in pratica, efficace e di poco costo. Ma prima che qualcosa del genere venga presentato in concorrenza con il mio progetto, offrendo qualcosa di meglio, desidero che l’autore, o gli autori, abbiano la cortesia di ponderare a lungo due punti. Primo: stando le cose come stanno, come potranno trovare cibo e vestiti per centomila bocche e spalle inutili. Secondo: esiste in questo Regno circa un milione di creature in sembianze umane, le quali, pur mettendo insieme tutti i loro mezzi di sussistenza, resterebbero con un debito di due milioni di sterline; mettiamo i mendicanti di professione insieme con la massa di agricoltori, braccianti e giornalieri che, con le loro donne ed i bambini, sono mendicanti di fatto: ed io invito quei politici, ai quali non garba il mio progetto, e che forse avranno il coraggio di azzardare una risposta, ad andare a chiedere prima di tutto ai genitori di questi mortali se non pensino, oggi come oggi, che sarebbe stata una grande fortuna quella di essere andati in vendita come cibo di qualità all’età di un anno, alla maniera da me descritta, evitando cosí tutta una serie di disgrazie come quelle da loro patite, per l’oppressione dei padroni, l’impossibilità di pagare l’affitto senza aver denaro o commerci di qualche sorta, la mancanza dei mezzi piú elementari di sussistenza, di abitazione e di abiti per ripararsi dalle intemperie, con la prospettiva inevitabile di lasciare per sempre in eredità alla loro discendenza questi medesimi triboli, se non peggiori.
Dichiaro con tutta la sincerità del mio cuore che non ho il minimo interesse personale a cercar di promuovere quest’opera necessaria e che non sono mosso da altro motivo che il bene generale del mio Paese, nel miglioramento dei nostri commerci, nell’assistenza ai piccoli e l’aiuto ai bisognosi, e nella possibilità di offrire qualche piacevole passatempo agli abbienti. Io non ho bambini dai quali posso propormi di ricavare qualche soldo: il piú piccolo ha nove anni, e mia moglie ha ormai passata l’età di averne ancora.
(J. Swift, Una modesta proposta e altre satire, Rizzoli, Milano, 19832, pagg. 135-159)