domenica 27 giugno 2010
Fabriano, aggredito perché indossa la maglia del 'Che'
26 giugno 2010 - A scuola ieri mattina si è presentato regolarmente per sostenere la terza prova degli esami di maturità insieme ai compagni del liceo scientifico ‘Volterra’. Poche ore prima il 19enne Jacopo Giorgetti aveva lasciato l’ospedale ‘Profili’ di Fabriano dove aveva trascorso la notte tra mercoledì e giovedì in seguito all’aggressione ricevuta da otto ragazzi che gli è costata una ventina di giorni di prognosi per le ferite riportate al volto e alla testa.
Motivo del contendere sarebbe stata la maglia con il volto di Che Guevara indossata da Jacopo, figlio di Sandro Giorgetti, ex segretario cittadino dei Ds e fresco di nomina alla guida della Mediateca regionale. Secondo le prime ricostruzioni anche da parte degli agenti del Commissariato che indagano sulla vicenda, si tratterebbe, dunque,di un’aggressione a sfondo politico-ideologico avvenuta mercoledì sera nei pressi dell’osteria del Borgo nei pressi della chiesa San Nicolò, dove il ragazzo si era recato in compagnia di amici al termine della Sfida del Maglio che ha concluso il Palio cittadino.
Lì, stando ai racconti dei testimoni, il giovane sarebbe stato seguito da un gruppo di ragazzi proprio mentre si recava al bagno all’esterno della taverna storica. Così il ‘branco’ è entrato in azione, tanto che, sempre secondo le prime ricostruzioni, Jacopo sarebbe stato spinto verso una zona appartata. "A quel punto - racconta Claudio Alianello, l’avvocato che cura gli interessi del 19enne - Jacopo è stato preso a schiaffi e pugni fino all’intervento della polizia, solo perchè indossava quella maglietta con il viso del ‘Che’".
Secondo quanto riferito dai primi testimoni, almeno alcuni dei ragazzi del gruppo sarebbero riconducibili all’associazione cittadina ‘Azione giovani’. Jacopo è poi stato trasferito all’ospedale dove gli sono state prestate le cure soprattutto per la profonda ferita al volto per la quale si sono resi necessari diversi punti di sutura prima di essere dimesso ieri mattina dopo la notte trascorsa sotto osservazione.
"Un gesto vile e vergognoso che non ha nemmeno bisogno di ulteriori commenti", lo definisce l’avvocato Alianello che forse già oggi deciderà insieme al suo assistito se presentare querela per l’episodio. "Tutelerò Jacopo in tutte le forme necessarie, senza dimenticare che il rgazzo ha dovuto sostenere la terza prova degli esami di maturità in condizioni fisiche e soprattutto morali davvero atipiche".
Alessandro Di Marco
Da Il Resto Del Carlino
L’ A.N.P.I. di Pianoro sulla vicenda di Pomigliano d’Arco.
La sezione di Pianoro dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Franco Bonafede, medaglia d’argento al valore militare, denuncia come, in un inaccettabile clima di intimidazione, si sia svolto il referendum imposto dalla Fiat, il quale già di per sè viola: la Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza, la Carta di Nizza, le leggi dello Stato di cui lo Statuto dei Lavoratori ne è parte, i contratti collettivi nazionali ed è anche fortemente in contrasto con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
Chi parla, in questo contesto, di vittoria della partecipazione e della democrazia parla a vanvera e confusamente ed è dimentico dei sacrifici e delle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori che dopo la Resistenza, la conquista di un ordinamento Repubblicano a suffragio universale, la Costituzione, hanno sempre dovuto lottare per conquistare il diritto a vivere come cittadini liberi e consapevoli e non come sudditi.
Questa crisi economica è il frutto avvelenato di questo modello scellerato di selvaggio sfruttamento liberista fondato sulla rapina delle risorse naturali, sulle speculazioni finanziarie, sulle guerre e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La Fiat, purtroppo, non si pone al di fuori di questo sistema e dopo aver delocalizzato le sue produzioni a suo piacimento usando sempre metodi di ricatto, oggi si pone come testa d’ariete per distruggere in Italia quel che resta delle regole per fare impresa nel rispetto della dignità umana e dello stato sociale, in perfetta sintonia di posizione col peggior governo, di tipo Birmano, che la storia della Repubblica ricordi.
A questo punto dopo il risultato non certo brillante del referendum, stante tutta la potenza d’urto messa in campo, sarà costretta a trattare nel suo stesso interesse proprio con chi, come la FIOM, non ha piegato la schiena perché non disponibile a mercanteggiare coi diritti inalienabili ed indisponibili delle lavoratrici e dei lavoratori.
Restiamo inoltre attoniti e sgomenti dinanzi ai balbettii di una opposizione parlamentare che nemmeno sui diritti fondamentali del lavoro è stata capace di una voce unica e autorevole, capace di aggregare e rappresentare politicamente nel paese quel moto naturale di solidarietà che c’è stato verso chi è stato costretto a sopportare questa infame forca caudina.
D’ora in avanti oltre le giaculatorie e i bla bla formalisti a difesa della Costituzione, giudicheremo tutti dai fatti concreti e fin d’ora sappiamo che possiamo contare su un vero Sindacato che si chiama FIOM, con cui vogliamo essere compagni di strada e di lotta, come lo furono negli scioperi operai del 1943/44 centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori e come lo furono nelle montagne, nelle valli, nelle città, le partigiane e i partigiani che non chinarono la schiena e si adunarono per amore della libertà.
Pianoro, 23 giugno 2010.